Le fonti!!! Le fonti!! 2
In Cenerentola zang tuumb tumb mentre sto raccontando di un esercizio del laboratorio teatrale per me liberatorio e memorabile, commento dicendo che Non so cosa avrei dato per vedermi da fuori e poi faccio questa citazione
Vede lì una, che è lei, ma che ella non conosce. Vorrebbe non riconoscersi in quella; ma almeno conoscerla.Questa è un po' difficile, lo ammetto.
Si tratta di una frase da Quaderni di Serafino Gubbio Operatore di Pirandello, pubblicato nel 1925 ma già uscito a puntate nel 1915 ne La Nuova Antologia e poi riunito in volume nel 1916 col titolo di Si gira!
E' Serafino a dire quella frase che si riferisce a Varia Nestorof, un'attrice di origini russe, che ha appena assistito ai giornalieri di una scena girata e si vede sul grande schermo così, altra e irriconoscibile.
Serafino Gubbio, che dà il titolo al romanzo, è un cineoperatore della Kosmograph, addetto a girare la manovella della cinepresa e ad assistere alle dinamiche del set sia dal punto di vista artistico che umano. E' lui la voce narrante del romanzo, i quaderni sono i diari sui quali racconta la sua storia.
Il romanzo inizia a metà dei fatti. Nestorof ha causato la morte di Giorgio Mirelli, un ragazzo cui dava ripetizioni che si è innamorato di lei che lo ha illuso senza nemmeno mai finirci a letto, ma lasciamo a Serafino di dirci se non il perché almeno il come.
Per spiegarci il suo suicidio, senz'alcun dubbio dipeso in gran parte dalla Nestoroff, dobbiamo supporre ch'ella, non curata, non ajutata e irritatissima, per potersi vendicare, dovette con le arti più fini e più accorte far sì che il suo corpo a mano a mano davanti a lui cominciasse a vivere, non per la delizia degli occhi soltanto; e che, quando lo vide come tant'altri vinto e schiavo, gli vietò, per meglio assaporare la vendetta, che da lei prendesse altra gioja, che non fosse quella di cui finora s'era contentato come unica ambita, perché unica degna di lui.
Solo che io, pur standoci male come un cane ferito, la vita non me la sono tolta.
Non sono il tipo, con tutto il rispetto per mio padre, che senso ha togliersi la vita se si muore comunque? Potrei capire se fossimo immortali, ci si arriverebbe per noia, ma perché vivere di meno di quello che ci è concesso?
Potrei farlo solo per sottrarmi a una malattia terminale come ha fatto Monicelli che a 92 anni si è defenestrato per sottrarsi a un cancro alla prostata.
Ma non so se troverei mai il coraggio di lanciarmi nel vuoto come ha fatto Mario, come ha fatto mio padre.
Piuttosto toglievo la sua, di vita, del Flusso voglio dire, ma finire in galera per Paolo no, meglio l'oblio in cui vive adesso, cadavere vivente del mio desiderio sfiorito, barattato per un inesistente amore, cadavere del quale occasionalmente scorgo la presenza sui social, e ora lo vedo nella sua nuda nullità ché sono stato io a trasfigurare in persona proprio come Mirelli che,
questa donna egli non vide qual'era, coi bisogni che aveva, offesa, fustigata, invelenita dalla diffidenza e dalle dicerie maligne attorno a lei; ma nella figurazione fantastica, ch'egli subito se ne fece, e illuminata dalla luce che le diede. Per lui i sentimenti dovevano esser colori, e forse, preso tutto dalla sua arte, non aveva più altro sentimento, che dei colori. Tutte le impressioni che ebbe di lei, forse derivarono solamente da quella luce di cui la illuminava: impressioni, dunque, solamente per lui.Il romanzo vale la pena di essere letto tutto, come ogni cosa scritta da Pirandello.
Potete trovarlo in tante edizioni in libreria o, se volete, potete leggerlo anche online.
Oltre a questa storia tremenda di lutti e di amori, nel romanzo ci sono molte riflessioni sulla meccanizzazione della vita, sulla meccanizzazione dell'essere umano, sul cinema e sulla fotografia come quell'immagine di se stessa che Varia vede dal di fuori, una sé sconosciuta che non vorrebbe già riconoscere ma conoscere.
Proprio come me che vorrei conoscermi ma mi accontento di riconoscermi non per quello che sono ma per quello che sono stato e non sono più.
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