Siamo noi a cambiare mica la realtà, no?
Ho sempre pensato che i negozi fossero lì per sempre.
E invece una volta che portavo Silvio a cena in un ristorante che mi era piaciuto tanto, non lo trovammo e al suo posto c'era un negozio di dischi.
Io ci misi un po' di tempo a realizzare che non mi ero sbagliato di posto ma che il negozio fosse proprio cambiato.
Non me ne capacitai. Come se la realtà fosse improvvisamente diventata il ponte ologrammi dell'Enterprise con quel solo errore: tutto sembrava al suo posto tranne il mio ristorante che non c'era mentre avrebbe dovuto esserci.
Poi Silvio mi chiese quand'era l'ultima volta che ci ero stato a cena. Io risposi, di recente ma mi resi conto che erano passati almeno quattro-cinque anni, forse anche di più. E Silvio, in una delle sue arrabbiature che non erano mai vere ma solo un modo enfatico di comunicare, commentò con la voce alterata che in cinque anni gli Stati cambiano di nome figuriamoci i negozi!
Riconobbi la possibilità, ma non riuscii davvero ad adattarla al mio concetto di realtà. Per me l'idea che un ristorante possa chiudere o un negozio cambiare destinazione d'uso era allora inspiegabile e ancora oggi è un concetto difficile da metabolizzare.
Quella sera con Silvio risale esattamente a dieci anni fa.
Da allora ne sono ambiati di negozi!
Al posto di Rinascita, la libreria e negozio di dischi che frequentavo dai tempi dell'Università, adesso c'è un supermercato e ci sono state già la redazione di un quotidiano, prima, e di un settimanale, poi.
Revolver il negozio dove io e Daniele nei primi anni duemila andavamo quasi tutti i sabati a fare acquisti passando il resto della giornata ad ascoltare i cd che vi avevano acquistato, ha chiuso da tempo.
Per tacere dei negozi nella via dove sono cresciuto da bambino. In quel caso, data la prospettiva storica, è già più accettabile. Se sono cambiato io possono essere cambiati anche i negozi. Anzi in un certo qual modo devono essere cambiati. Non sia mai che mentre io non sono più bambino e adolescente i negozi che c'erano quando ero giovane sono ancora lì!
Infatti al posto del vini e oli che mi ha visto comperare ventenne casse e casse di Mateus la prima estate che rimasi da solo a casa c'è un negozio di pratiche e servizi e dea sa cosa c'è al posto dell'elettrauto accanto.
D'altronde già durante l'infanzia c'erano stati dei cambiamenti: il negozio di giornali (non un edicola ma un vero e proprio negozio), aveva cambiato prima gestione e poi posto spostandosi oltre il veterinario, mentre al suo posto c'era un'immobiliare, e prima c'era stato una negozio di vestiti per bambini.
Questi cambiamenti segnano il cambiamento tra la mia infanzia e la mia vita adulta e sono leggibili e non destabilizzanti.
Sono i cambiamenti nella mia vita adulta che non riesco a commisurare.
Non capisco perché loro cambino se io proseguo in un continuo presente...
Recentemente una serie imprevista di cambiamenti ha rispecchiato i cambiamenti della mia vita che sta cominciando ad uscire dalla fase stabile e immutabile della giovane fase adulta, adultezza, adultitudine, adultanza, e segna l'accelerazione che sarà sempre più consistente verso la maturità di adesso e la vecchiaia di domani fino alla morte si spera il più lontano possibile.
Per il momento è un timido simbolo del cambiamento ma so che tutto precipiterà in un vortice sempre più veloce... Lo so.
Un prodromo, un precedente, un avvertimento precoce, l'ho avuto tre anni fa, una sera che il mio amico Valerio ci portò a cena in una pizzeria che lui riteneva buona ed economica, io e Giamburrasca non altrettanto.
Poi, mentre andiamo a pagare, io realizzo che quel locale vent'anni prima aveva ospitato una libreria dove io andavo a comperare volumi fotografici dei quali aveva una scelta sostanziale e inedita. Il cassiere, che lavorava là da dieci anni, si sorprese che qualcuno si ricordava di cosa c'era prima ma confermò la mia improvvisa rivelazione, contribuendo allo sconforto e alla vertigine della distanza tra un passato tanto glorioso, io giovane trentenne, che comperavo libri, e il mio presente, io non più così tanto giovane, alle prese con una pizzeria turistica, dai camerieri insopportabili e i prezzi non tanto turistici, o meglio, dato l'andazzo di Roma, alquanto turistici, cioè cari.
Poi è stata la volta della pizzeria ristorante sotto casa che nell'ultimo suo anno di attività era diventata quasi la nostra cucina, mia e di Giamburrasca, dove ordinavamo sempre gli stessi piatti, ci andavamo quando avevamo voglia di quel menù, tanto che lo stesso proprietario ci portava la comanda senza nemmeno chiedere.
Adesso c'è un ristorante di carni vietamente e io non ci ho mai messo piede.
La cosa sconfortante e che a me provoca sempre un grande smarrimento è vedere come la nuova disposizione del locale non lasci traccia della disposizione precedente e lasci credere che in quel posto ci siano sempre stati i vietnamiti mentre fino a un paio d'anni fa c'era tutt'altro proprio come tutt'altra era la vita mia...
Poi è stata la volta di Piazza Vittorio che è chiusa per restauri da marzo scorso e dall'aspetto di abbandono in cui versa dubito davvero possa mai riaprire.
Finora è stata effettuata la pars destruens che ha cancellato tra le altre cose il sentiero dove correvo per un'ora di seguito, tutti i giorni, tra le critiche di mia sorella che si chiedeva se ero stato dal dottore per farmi autorizzare e il mio amico Antonio che commentava che di solito si corre a giorni alterni tutti i giorni è troppo. Mai che la gente si faccia i cazzi propri, nevvero?
Era solamente il 2015 ma per certi versi sembra davvero una vita fa, prima che Giamburrasca entrasse nella mia vita cambiandola profondamente, nel bene e nel male.
Quando mi sono reso conto che il giardino di Piazza Vittorio aveva chiuso l'ho presa come un segno, un simbolo che la mia vita precedente fosse davvero terminata senza che quella nuova avesse avuto ancora modo di cominciare.
Come se avessi di un simbolo che mi ricordava che stavo vivendo in un limbo.
Lo sapevo benissimo solo che non volevo rendermene conto, riconoscerlo, non volevo affrontare il vuoto cui la vita e Giamburrasca mi avevano posto dinanzi che richiedeva un nuovo profilo esistenziale
Una sera che col mio giovane scopamico Luca - o era Eric? -, è sconvolgente constatare come pur uscendo praticamente solo con loro, sto parlando di ragazzi Sabrina non ti sentire esclusa, ne confonda uscite e passeggiate (e si che con Eric non c'è più sesso dal pleistocene) (quello con Luca mi piace pensarlo nuovo e inedito ogni singola volta che accade per non darlo per scontato perché so che il momento che lo sarò for granted finirà) insomma una sera con Lucheric volevo magiare una pizza al Leoncino, storica pizzeria che frequento da quando avevo vent'anni, che mi ha visto tante volte con Daniele e qualche volta anche con Giamburrasca, quando scopro che non esiste più ed è stata sostituita da un ristorante serio anche buono sembrerebbe, ma non lo so, ero troppo sconvolto, e a corto di soldi, per verificarlo.
Questi cambiamenti me li vivo come furti di memoria, come inusitati e non richiesti cambiamenti della mia vita, della mia vita che fu. Ora che non c'è più il Leoncino il ricordo di quelle sere spese con Daniele e con Giamburrasca è solo nella mia mente, e chi mi dice che sia davvero accaduta se il locale a ricordarmelo, a ribadirmelo, non c'è più?
Egotisticamente sento di essere responsabile di quelle scomparse come se siano avvenute per mia incuria, per una specie di distrazione, di mancanza di celebrazione.
Se solo me ne fossi rammentato più spesso il Leoncino non avrebbe chiuso, mi dico.
E' che il mondo corre e cambia e si trasforma e si metarmofosizza senza chiedermi il permesso e soprattutto senza attendere che io resti al passo.
Ecco cos'è che mi sconvolge.
Credere che mentre mi muovo nel reale quello è sempre uguale a se stesso e che posso permettermi il lusso di rimandare, di trattenere, di dire un'altra volta, contando sul fatto che la realtà sarà sempre lì.
Invece è proprio vero che non ci immergiamo mai due volte nello stesso ruscello.
E questo vale anche per i negozi!
Invece di correre coi tempi, nel tempo, rimango in un presente che già un secondo dopo è passato, figuriamoci se trascorrono anni.
E' che io sono ancora là con Silvio, a cercare il ristorante che deve esserci sono io che non mi ricordo esattamente il punto, non può mica essere che abbia chiuso così, d'emblée.
Siamo noi a cambiare mica la realtà, no?
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