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Visitors. Le sere del Pantheon 5


A piazza della Rotonda, sul margine esterno della scalinata dei froci, sul lato opposto del Pantheon, viene spesso  a sedersi un ragazzo alto, magro, coi capelli lunghi.
Legge sempre qualcosa, un libro, un giornale, in lingua francese. Quel ragazzo piace molto a mio fratello e per gelosia quindi a me no.
Per quanto esuberanti nessuno di noi aveva mai pensato di parlarci. Ale si limita a guardarlo, gli occhi pieni di desiderio, era proprio mio fratello.
Poi una sera che al Pantheon c'eravamo solamente Emanuela e io quel ragazzo si siede come al solito, all'angolo esterno. Emanuela lo indica e dice ecco quello che piace a tuo fratello, perché non ci parli? Io che già ero geloso di lui, sono anche timido e non ne voglio sapere, ma Emanuela insiste e quando arriva Adriano gli dice, mentendo, il cappellaio vuole parlare col ragazzo che piace a suo fratello ma si vergogna. 
Prima che possa dire ad Adriano ma non è vero lui si sta già avvicinando al ragazzo e senza nemmeno dirgli ciao gli fa c'è il mio amico che vuole conoscerti ma si vergogna di parlarti. 
Io sono già abbracciato a Emanuela per la vergogna, e quando Adriano finisce di dire quella che non sa essere una bugia, mi stacco da Emanuela, mi giro, guardo il ragazzo che è divertito dalla situazione e gli dico qualcosa come beh figuraccia per figuraccia... io sono Alessandro mentre mi alzo per porgergli la mano. Io mi chiamo Patrick fa lui con un italiano perfetto.
E' di Bruxelles, mi dice conosci il Belgio?. E' venuto a Roma per studiare l'italiano e lavorare nel cinema. Ora che posso guardarlo da vicino Patrick è davvero bello.
Ha un viso dagli zigomi perfetti e due occhi tra il grigio e il celeste che ti guardano diretti senza schermi.  
Io che sono una checchina provinciale che non è praticamente mai uscita da Roma, se si esclude il ferragosto a Formia, e figuriamoci se conosco il Belgio, mi sembra di stare parlando con Re Baldovino.
Io lo chiamo Patrick, con l'accento sulla a, come mi ha detto lui quando ci siamo presentati. Essendo un Belga vallone, e dunque di lingua francese, dovrei pronunciarne il nome con l'accento sulla i invece della a. Sicuramente non Petrick, all'inglese, come mi correggerà una stronza italiana, un giorno che lo cercherò al telefono alla scuola di lingue dove insegnava.
Io e Patrick parliamo di cinema, di teatro, di musica, di politica, su ogni cosa Patrick ha una opinione informata e una proprietà di linguaggio sorprendente per uno straniero.
Mi parla del fratello Eric col quale ha aperto una rivista in Belgio Sortie de Secours che vuole aprire presto anche in Italia. Poi guardando un orologio di design ultima moda che ha al polso mi dice che è tardi e deve andare.
Ti lascio il mio telefono, chiamami.
Io sono ancora lì col suo biglietto da visita tra le mani mentre Patrick con poche falcate è già uscito dalla piazza.
Emanuela è lì a bocca aperta.
Adriano strilla il cappellaio ha rimorchiatooo saltellando dalla contentezza come avesse rimorchiato lui mentre Emanuela lo zittisce subito con un mo te gonfio. 
Io mi metto il biglietto da visita nel portafoglio e già mi chiedo dove troverò il coraggio di chiamarlo.

Passa una settimana e di Patrick mi sono dimenticato.
Il suo biglietto da visita è dentro il portafogli, indisturbato. Io sono al Pantheon, come sempre,  stavolta ci sono tutti.
Quando Patrick entra nella piazza e mi vede mi viene a salutare. Mio fratello, che stava parlando da solo con quello alto, se ne accorge e mi guarda come stessi indossando un suo capo di vestiario, un po' risentito, la bocca aperta dalla meraviglia.

Ciao, mi fa Patrick perché non mi hai chiamato? Io non avevo il tuo numero se no lo avevo fatto. 
Prima di salutarci me lo dai. 
Volevo dirti che la settimana prossima ci vediamo a casa del mio amico Pasquale per una riunione di Uscita di sicurezza ti volevo chiedere se ti andava di partecipare. 

Ci metto qualche secondo per capire cosa Patrick mi stia proponendo e quando lo capisco rispondo che mi va eccome, e gli chiedo quando si tiene la riunione.

Poi Patrick mi scrive l'indirizzo di questo Pasquale su un foglio di carta, si prende il mio numero di telefono, saluta gli altri che si sono tenuti a distanza per discrezione e se ne va.

Alessandro viene verso di me e guardandomi come se avesse appena scoperto che so volare mi chiede sorpreso, ma lo conosci? 
Adriano rivendica subito la paternità della nostra conoscenza, io gli racconto quel poco che so di lui poi mio fratello torna a parlare con quello alto.
Dalla sua faccia di dispiacere credo che la tresca che stanno conducendo, con grande pazienza di mio fratello e poco interesse da parte di Alessandro, che è incapace di rimanere più di una sera nello stesso letto, sia in piena crisi.
Vorrei dire a mio fratello di lasciar perdere, ma ritrovo in lui troppe dinamiche mie per poterlo fare, mi sentirei strano a dargli dei consigli che io per primo non sarei disposto a seguire, così mi limito a guardarli e aspetto di consolare mio fratello una volta finita la tresca, magari allora si accorgerà di me...

Poi mio fratello torna da me, abbozzando un sorriso e, come a volermi chiedere scusa per tutte quelle chiacchiere di soppiatto mi spiega che Ale  gli ha dato buca e che venerdì non sa dove andare a vedere la puntata finale di Visitors.
Lo invito a venirla a vedere da me, i miei non ci saranno, gli dico, ti preparo la cena. Ale accetta e mi dice non ti disturbare per la cena.
- Beh qualcosa dovremo mangiare.

Venerdì sera siamo in camera da pranzo, con la tv accesa, l'ultimo episodio di Visitors che arranca verso la fine, la serie tv è molto meno interessante delle miniserie.
Anche Ale si lamenta, però continua a guardare con la lealtà da fan mentre io ho rinunciato già da qualche episodio.
Ale mi dà quasi di spalle per vedere la tv, io gli porgo qualche acino di uva che lui prende senza girarsi ma dicendomi sempre grazie.
Io gli carezzo la nuca, Ale mi tocca un polso.
Poi senza che lui me lo chieda mi faccio più audace e gli porgo gli acini direttamente alla bocca, lui apre le labbra e aspetta che io glieli infili dentro senza collaborare, quando le mie dita sono dentro la sua bocca me le morde a mo' di scherzo, poi si gira per ridere e io lo bacio.

Ale è sorpreso da quel bacio ma non si scosta, gira un'ultima volta la testa verso la tv e poi si lascia baciare, dicendomi un alee di rimprovero che però non significa smetti ma, continua. Non conoscerò il linguaggio dei froci ma quello di mio fratello sì.

Veniamo due volte, in camera mia, sul mio letto singolo.
Poi mentre Ale si guarda intorno e dice quanti libri con tono non so se di ammirazione o di soggezione, io gli sussurro all'orecchio che il suo sperma ha un sapore buonissimo.

Il suo sperma non ha nessun sapore particolare. Era solo un modo per ribadire che mi era venuto in bocca. Sono felice che mi sei venuto in bocca sarebbe stato più aderente alla realtà. Ma mi sarei sentito troppo zoccola a dirgli una cosa del genere, anche se era la verità, quindi meglio  il commentino da adolescente quindicenne tutta cuoricini.
Me ne pento subito, lui non mi risponde ma arrossisce fino alle orecchie.
Poi continuiamo a baciarci finché deve uscire di corsa per non perdere l'ultimo autobus.
Non ho la forza di chiedergli di rimanere a dormire, avessi un letto comodo potrei anche farlo ma percepisco il suo desiderio di sottrarsi alla confidenza che il sesso ti dà e che lui in quel momento non vuole.
Io lo lascio fare.
Rimango un poco sul letto, sfatto, io, non il letto,  e poi vado di là a mettere a posto. Lavo i piatti, e me ne vado a dormire.
Domani è sabato e ho due ore di Silvio, il prof di storia e filosofia, e devo essere in forma.






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