Mirella, una e due
Mamma aveva una amica del cuore, dai tempi dell'adolescenza, che si chiamava, come lei, Mirella.
Un'amica presente nella sua vita ma poco presente nella nostra di vita.
Per quanto Mirella e Mirella si vedessero, sentissero e frequentassero, non fosse stato per i racconti di mia madre e per le telefonate della sua amica questa seconda Mirella poteva essere un'amica immaginaria come il mio amico gay Stefano.
Il mio ricorrente ricordo di lei e mamma le vede sempre al telefono, a ridere e scherzare, commentando qualcosa che avevano fato insieme, un cinema, forse un teatro, qualcosa di straordinario per mia madre, qualcosa che riallineasse il suo essere tutta casa ufficio a livelli più umani di sopportazione e sfogo.
La mia memoria però è labile e selettiva e vagamente inaffidabile. Una nebbia reinterpretante la permea e cela dettagli e circostanze.
Quella Monica con la quale giocai al dottore, rendendo Simonetta invidiosa della confidenza raggiunta, è infatti la figlia di Mirella.
Il che vuol dire che l'amica di mamma l'abbiamo frequentata.
Però per quanto ci fossero le frequentazioni delle due Mirelle era sempre esclusive ed escludevano noi figli e figlie.
Evidentemente Mirella, l'altra, usava me come damo di compagnia per sua figlia, che era un poco più grande di me, visto che per giocare al dottore dovevamo avere la disponibilità della casa, e, dunque, le due Mirelle, una e due, dovevano essere uscite insieme.
Una volta ero afflitto da una indecisione irrisolvibile, uno dei tanti bug della mia programmazione.
Mirella mi aveva chiesto se volevo accompagnare lei e mamma a fare delle spese.
Sarebbe venuta anche Monica, dopo la volta del gioco del dottore.
In alternativa potevo andare con nonna da Zia Maria, che all'epoca abitava ancora non troppo lontano da noi, a piazza san Giovanni di Dio.
Poi, ai tempi dei soldi dei libri universitari mai dati, si era trasferita a Boccea.
La settimana prima mi ero ritrovato a giocare da solo a pallone nel terrazzo di casa di zia Maria. Io che con la palla non avevo rapporto alcuno mi ero ritrovato a farne la prima conoscenza senza occhi indiscreti e senza alcuna fretta di passare la palla.
Mi ero sorpreso di quella mia predisposizione alla palla alimentando un ego rachitico con aspirazioni da Primo Carnera, dimenticandomi però che quella attitudine pallifera era nata da una noia mortale che proveniva dall'interno dell'appartamento di zia Maria (posso dire che proveniva direttamente da lei senza apparire troppo cattivo?) per cui il divertimento era una virtù di necessità.
D'altronde andare a fare le spese con Mirella una e due poteva farmi rimpiangere la noia di zia... e la presenza di Monica poteva frustare ogni velleità impudica, giocare al dottore con le due Mirelle non si può. Qualunque cosa decidessi l'altra mi sembrava sempre la scelta migliore.
La coerenza non era all'epoca una mia caratteristica per cui dopo aver rinunciato allo shopping rassegnandomi al pallone mi si poteva vedere rincorrere la cinquecento di Mirella cercando di cambiare scelta in zona cesarini.
Quando le urla mie che avevano indotto la macchina a fermarsi si rivelarono essere il disperato tentativo di andare con loro, senza che mia madre potesse dire né a né ba Mirella 2 decretò che ormai Monica era rimasta a casa e che dunque ci potevo rimanere anche io e la cinquecento riprendeva la sua corsa mentre io restavo con la bocca aperta a mangiare smog.
La palla da zia Maria fu noiosa meno del previsto ma l'amicizia che mi prometteva non aveva futuro e rimaneva sopita nel ricordo di un entusiasmo passato che era scemato subito. La mia memoria non è l'unica a essere labile.
Di altre interazioni con Mirella l'altra non ne ho memoria. A voi l'arduo compito di fidarvi o meno della mia memoria.
Un paio di mesi dopo la morte di mamma mia sorella risponde al telefono e reagisce come se dall'altro capo del filo ci fosse mamma che chiamava dall'aldilà.
Silvia balbetta, si impappina, sbianca in viso, si siede sulla poltroncina vicino al telefono, prima che possa chiederle che succede mi passa la cornetta, la bocca aperta, incapace di parlare.
Al mio pronto tremebondo una donna spazientita mi risponde ciao Alessandro sono Mirella, avevo già chiesto a tua sorella di parlare con mamma, c'è?
Io ho solo qualche istante per realizzare tutto quello che ha già mandato mia sorella fuori di testa. Sono colto alla sprovvista ma capisco che Mirella ignora che mamma è morta, ma come è possibile? Lo ha saputo tutto il quartiere, forse Silvia non l'ha avvertita? Quindi devo dirglielo io... e come glielo dico?
Quando si dice che il pensiero è più veloce della luce... Penso tutto questo davvero nel tempo del battito di un occhio (modo di dire inglese e non italiano, lo so) e poi, trovando gross il verbo morire e quel suo participio passato così definitivo dico a Mirella Mirella mamma... mamma non c'è più.
Mirella ha bisogno di un attimo per comprendere la mia metafora, e quando realizza non riesce a parlare, scoppia a piangere e poi mi dice scusa un attimo ti richiamo e riattacca la cornetta.
Richiama quasi subito dopo e mi chiede come mai non l'avessimo informata, io le dico che era stata Silvia a organizzare il funerale, e che doveva chiedere a lei.
In quel momento mi rendo conto che anche se avevo chiesto a mia sorella il favore di occuparsi lei dell'organizzazione del funerale questo non voleva dire che non avessi voce in capitolo o che non potessi informarmi su come procedevano le cose. Magari pensandoci in due ci sarebbe venuto in mente di Mirella.
Grazie a lei e solo per lei mia madre è vissuta due mesi in più ma è anche morta una volta di più causandomi un dolore di più che si è trasferito tutto sopra Mirella quando apprendeva che la sua amica antica era morta e non l'avrebbe rivista mai più.
Fa male vero Mirella?
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