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Dark room



La prima volta che notai un leggero soffio nei toni medi della voce di Mina fu nel 1995, nell'album Pappa di Latte. 
Il soffio non coinvolgeva le note basse e nemmeno quelle alte, che erano praticamente rimaste le stesse, ma proprio quei toni medi che normalmente una voce preserva, perdendo acuti in favore dei bassi (sto generalizzando ma di solito la voce umana invecchia così).
Quel leggero soffio, che negli anni diventerà sempre più percettibile, fino quasi a portare la voce alla rottura, mi angosciò come non mai.
Non tanto perché la voce di Mina invecchiava o non era più la stessa, ma perché quel soffio provava che tutto cambia.
E questo mi dava una tristezza immensa.
Se anche Mina non è così inossidabile figuriamoci io.
Cosa mi sarei dovuto aspettare dal mio di cambiamento?
Poco importava, perché a quel cambiamento potevo solo adeguarmi o soccombere.

Le certezze inossidabili che  avevo avuto fino a quel momento cominciavano a vacillare.
Tutto era caduco.
La caducità mi rendeva conciliabile, tollerante.
Prima avevo dovuto digerire il live del 78 che, da un punto di vista vocale era imbarazzante, Mina non riusciva più a fare  dal vivo quel che le avevo sentito fare prima (per esempio non aveva il fiato per cantare E poi che pure aveva avuto quattro anni prima quanto la cantò live a Milleluci) e ora questo. Fossi rimasto coerente alla ia rigidità avrei dovuto smettere di seguire Mina, dirmi che non mi piaceva più. Ma se ami davvero qualcuna impari ad amarla anche in un cambiamento che non ti aspettavi, che non ti piace, che non reputi necessario, ma che accogli, per amore.
Io che ho sempre vantato di essere esigente impaziente per niente tollerante, come cantava Ornella, dovevo accettare che Mina diventasse a tratti rauca. Una donna terrena e mortale.
Dopo tutto se mi era mancata mamma perché mai non mi sarebbe dovuta mancare anche la voce di Mina?

I miei amici minologi non sembravano rendersene conto.
Non se ne rendeva conto Paolo, non quello del pisello baciato, né il Paolo bis-fidanzato, o quello che mi nascondeva le uscite con Guendalino, non Paolo del flusso che nel 94 manco era nato, o  mio cugino, o il Paolo del sesso (quanti bei ricordi!)  ma il Paolo della pausa di riflessione, il mio amico pittore, lui non disse nulla e nemmeno Ulrico sembrò preoccuparsene, Frances mi disse che non sentiva proprio il soffio.
Insomma, ero solo.

Fu con questa solitaria morte nel cuore che andai a mucca, la serata gaia del Mario Mieli che all'epoca si teneva alla discoteca il Castello, un ex teatro trasformato in cinema e adesso in discoteca, con due gallerie delle quali rimanevano solamente le strutture aggettanti, mentre le poltrone eran state tolte da un pezzo.

Nei corridoi di accesso alla galleria di secondo ordine, quella più in alto, avevano allestito la darkroom e io ci entrai, sicuro di me.
Non era la prima volta che entravo in una dark ma fino a quel momento non ci avevo mai fatto nulla di concreto. Solo baci rubati e qualche palpatina.

La prima volta ci entrai con Ulrico, quando stavamo nel pieno della nostra storia.  Eravamo entrati nella dark improvvisata al Testaccio Village durante il party per festeggiare il 28 giugno del 91. Il primo Roman Pride ci sarebbe stato solamente nel 94 ma negli anni precedenti organizzavamo, noi froci, almeno dei party.

Eravamo entrati da due ingressi diversi, io e Ulrico,  per non rischiare di incontrarci nel buio.
Appena entrato  mi ero baciato con un tipo sulla quarantina imbolsito ma non proprio grasso che era vestito da donna, col trucco e il rossetto. se ne stava sulla soglia così lo avevo potuto vedere. Si era davvero acceso ai miei baci con la lingua ma io mi ero subito stufato di lui che invece voleva concludere. 
Me lo ero così levato di torno ed ero andato alla ricerca di ragazzi giovani e magri. Non avevo intenzione di fare nulla nemmeno con loro ma, nel caso, sarebbe stato più piacevole che col tipo vestito da donna...

I miei gusti in fatto di ragazzi non potrebbero essere più prevedibili e banali.

Mi piacciono magri, col corpo tonico, muscolosi ma non troppo palestrati, oppure quasi anoressici, col viso molto bello, talmente bello da diventare quasi femmineo, secondo i canoni del patriarcato, oppure no, molto maschili tanto da sembrare prede improbabili, e, proprio per quello, terribilmente sexy, come era stato mio fratello, e come era stato Aurelio, per il quale ero stato solo un piacevole diversivo non abbastanza per una seconda volta.

D'altronde anche io, un decennio dopo, conclusa la storia con Daniele, quando mi diedi al rimorchio selvaggio, seguivo la regola del mai una seconda volta, con rare eccezioni.

Ma all'epoca di Aurelio io non scopavo per divertirmi, scopavo per innamorarmi... Un disastro totale, povera checchina magra e ignara, di tutto, che ero.

Insomma quella prima volta nella dark improvvisata, con Ulrico chissà dove, mi avvicino a un ragazzo che sembra starci.
Siamo tutti e due increduli che l'altro non ci stia allontanando, con un gesto della mano, le regole di prossemica della dark sono facili da imparare e chiare da intendere.

Siamo lì entrambi dubbiosi, in testa dobbiamo pensare, Ma dai? Posso? Davvero?!? e ci avviciniamo  toccandoci, increduli e grati, ma, prima di iniziare a baciarci, ci riconosciamo e ci sgamiamo.
Ale? Ulri? 
E ci sentiamo benedetti anche dal fato trovando dannatamente romantico che ci siamo scelti anche in darkroom.
Ci emozionano e siamo fuori dalla dark prima di averlo deciso, poi stiamo già inseguendo  Francesca Reggiani che era venuta a fare il suo spettacolo, per salutarla e chiederle quando la vedremo a teatro e lei, prima si spaventa, poi ci risponde a Novembre.
Io penso all'autunno e già mi immalinconisco.
Per tutto il resto della serata io e Ulri rimaniamo mano nella mano forti del nostro stare insieme per destino e non per caso.

Ma quella sera a Mucca, con in testa la voce rauca di Mina, sento che ho bisogno di qualcosa di più forte. 
Mi avvicino a un ragazzo che sembrava magro al tatto, del quale ignoro l'aspetto fisico e, senza esitazione, dopo averlo baciato, gli sbottono la patta, glielo prendo in mano continuando a baciarlo e poi senza preavviso mi chino e glielo prendo in bocca.
Quel gesto mi sembra il correlativo oggettivo della perdita di cristallinità nella voce di Mina.

Un altro sfondamento, un ulteriore cedimento della realtà.

Mentre soffiolavoro quel ragazzo del quale ignoro la bellezza, si avvicina un altro ragazzo che, ricostruita la situazione al tatto, il buio rimaneva pesto anche quando ti ci eri abituato, si mette a baciare il tipo che stavo soffiolavorando, il quale mi fa capire di fare lo stesso anche al nuovo arrivato. Questi ha un membro  fungino con l'asta sottile e il glande eccessivamente grande. Non proprio il massimo da soffiolavorare.
Io cerca di ritornare al primo ragazzo ma questi invece di prendersi la mia bocca mi fa capire di rimanere sul nuovo arrivato mentre lui se lo bacia.
Obbedisco.

Quella sera è cambiato qualcosa dentro me.

Come Querelle che perde ai dadi con Nono perché condannato così nel processo che si è immaginato nella testa dopo avere ucciso il complice di un furto (questa scena non c'è nel film di Fassbinder...)  io che fino ad allora in dark mi ero concesso solo qualche timido palpeggiamento rinuncio alla mia promessa e mi riduco al livello degli altri froci.
Se cede la voce di Mina posso cedere anche io.
L'epoca della voce (e delle froce) immacolate è finita.

L'umiliazione che provai in quel momento non era certo per le pompe fatte ma per il fatto di agire come tante altre persone, cioè come tanti altri froci, perdendo la mia supposta e supponente alterità.
Se Mina perdeva la voce io potevo perdere la mia unicità e diventare un frocio pompinaro anche in dark.

Potrei anche raccontare che avevo smesso  di temere il mio super io, fregandomene di quel che lui pensava di me, e che avevo iniziato a fare quello che mi andava di fare senza preoccuparmi delle conseguenze.
E' vero  che mi ero permesso di prendere l'iniziativa, senza aspettare più di ricevere inviti, anche se a venire io verso di te mi sembra sempre di impormi, mentre io,  per sentirmi autorizzato, ho bisogno del tuo desiderio nei miei confronti, quello sì che mi dà sicurezza.
Sarà che in amore mi sono sempre impelagato in storie dove non ero mai corrisposto ma non mi basta che tu ci stai se io ci provo, desidero sempre che sia tu a provarci con me!
Anche se poi, non essendone affatto abituato, spesso nemmeno me ne accorgo...

E poi il mio desiderio di te mi mette nel bisogno di te, con la disperata paura che tu cambi idea e mi allontani o mi vieni in bocca alla traditora, come succederà un paio di volte, in dark, anni dopo.

Quella sera però non pensai all'audacia con cui mi avvicinai al ragazzo sconosciuto, la propositività con cui lo baciai, con cui glielo tirai fuori e glielo presi in bocca senza lasciagli il tempo di dire né sì né no.

C'era di che esserne fieri ma quella sera per me quel comportamento fu una sconfitta come quando mangio non perché ho fame ma perché so che posso farlo, anche se sono a dieta.

Se spompinai quel ragazzo in dark fu perché potevo farlo, perché nessuno che non fossi io mi avrebbe mai detto non farlo, nemmeno Mina la cui voce iniziava a corrompersi.

Il mondo iperuraneo delle idee era improvvisamente organico e marciva, bisogna darsi da fare prima di marcire anche noi.

Al buio, se non puoi vedere le persone, un cazzo vale l'altro, e io se dovessi assecondare il mio desiderio starei sempre attaccato a un cazzo, tutte le sere, tutti i giorni, anche adesso.
Il guaio è che io vorrei rimanere attaccato sempre allo stesso di cazzo ma se ne vanno via tutti sia i rimorchi anonimi  in dark sia quelli alla luce del sole.

Ecco a cosa mi rassegnavo.

Non potendo avere sempre lo stesso cazzo mi ero illuso di riuscire a non volerne nessuno.
E invece mi ero arreso alla considerazione giustificatoria che se non potevo avere un cazzo solo allora tanto valeva averli tutti.
Bella scusa, no? La stessa di ogni frocetto.

Mi arrendevo alla mia voglia di cazzo procurandomelo nella maniera più banale possibile.
La dark, al buio, inginocchiato, dea che ovvietà.

Dopo la fine della storia con Ulri ho frequentato diverse dark, alcune improvvisate come quella del Testaccio Village, altre più strutturate come quella dell'Edoardo II un locale che è stato aperto nella metà degli anni 90, tra piazza Venezia e il teatro di Marcello, che frequentai assiduamente per un paio d'anni.

Assiduamente significa che ci andavo anche tre volte a settimana, concludendo una giornata che era iniziata la mattina a lavoro, era proseguita il pomeriggio in giro per qualche cinema, mostra, museo, incontro politico, riunione frociarola (nelle quali si perdeva tempo trastullandosi con improbabili manifesti tipo noi non abbiamo ideologia, trappole semantiche che nemmeno al liceo, ma è dura far capire ai froci certe cose, come diceva mia sorella in culo gli entra in testa no, sempre elegante la stronza, ma efficace, no?) una cena da Frances e poi finalmente la mia agognata dark.

L'Edoardo II era lungo e stretto, per accedere alla dark bisognava attraversare tutto il bar-corridoio superare il guardaroba per accedere a un altro ambiente che dava ai cessi e alla dark.
Non sempre la dark era aperta, così, pigra già allora, superato il vestibolo del locale, urlavo dal bancone, verso il guardaroba è aperta la daaaa-aaark? 
Così se me ne dovevo andare via non dovevo rifare la passerella con tutti i froci  seduti ai tavoli che mi fissavano.
L'Edoardo era diventata il nostro punto di ritrovo e ci incontravamo tutti lì, con Paolino, Agostino, qualche volta con Antonio e poi con Andrea e l'altro Antonio.

Fu in quella dark che per la prima volta un ragazzo mi venne in bocca senza avvertirmi. Io ero così indignato che non riuscii a dirgli niente mentre quello se ne andava con un suo amico che gli stava dicendo hai fatto il porcello vero?

Di solito la gente aspettava fuori dalla dark e entrava solamente quando vedeva entrare qualcuno che gli andava a genio.

Io invece entravo direttamente.
La cosa che mi piaceva di più era proprio il fatto che la dark mi permetteva di sospendere la banalità dei miei gusti in fatto di ragazzi.

Senza l'ausilio della vista erano altri i fattori di scelta.
Certo all'inizio era facile respingere i ragazzi in sovrapeso o gli uomini, i trentenni quarantenni.

Ben presto però mi ero reso conto che il buio della dark mi permetteva di lasciarmi andare ad altri istinti che la vista di solito inibiva.

Così scoprii che, tolta la vista,  poco importava l'età o la magrezza.

Contava molto di più l'odore, il ritmo del respiro, la capacità che il loro tocco aveva di eccitarmi, di emozionarmi, di ingrifarmi o meno.

Tutto dipendeva dal modo in cui mi toccavano, nervoso o rispettoso, tranquillo o che tradiva una voglia repressa, un'attrazione cui ci si concedeva al momento per tornare subito alla propria repressione quotidiana.

Ricordo che i baci migliori che ho dato in dark, l'erezione più sontuosa che abbia mai avuto in dark, me la diede un tipo adulto, non pischello, dalla pancia pingue, che aveva un tocco regale, un respiro dentro il quale perdersi e un odore di uomo, senza alcool o profumi dozzinali, altro che il mio denim dei tempi di nonna.

Una volta, alla dark dell'Apeiron, mitico locale in zona Monti, dopo essermi attardato con questo uomo molto eccitante, me lo trovo fuori dalla dark, dove mi aveva aspettato per vedermi e farsi vedere.
Una gentilezza inaspettata e non richiesta, che però rese il nostro incontro più concreto, più umano, meno sensorialmente deprivato.
Non era brutto ma non era nei miei canoni, probabilmente alla luce del sole non lo avrei mai avvicinato, e mi sarei perso i bei baci che dava e quel cazzo pieno e solido che mi diede da succhiare dopo che si era concentrato col mio fino a farmi venire, nella sua mano, così da non dover ricambiare un gesto pericoloso.

Sempre all'Apeiron, una sera che ero andato con Nicola e Gualtiero, scesi immediatamente in dark e ci restai per due ore buone, dimentico di loro, finché Gualtiero non varcò la soglia per dire, con la voce giustamente seccata, Ale noi tra venti minuti ce ne andiamo se vuoi che ti riporto a casa fatti trovare su.
Al che io rispondo, faceto, VEN-GOOO facendo ridere tutti in dark.

Una volta, all'Edoardo,  mentre entro nella dark,  vedo questi due ragazzi bellissimi, capelli lunghi, molto somiglianti (fratelli?), alti alti, l'aria da divi (ce lo abbiamo solo noi e ha due cappelle) che aspettano come tanti.
Io ricambio il loro sguardo ma sapete che con gli sguardi sono una sega, per cui non leggo il loro e non so minimamente che sguardo gli sto dando io.
Poco dopo entrano e iniziamo una magnifica cosa a tre.
Uno mi bacia, l'altro me lo prende in bocca, io sono quasi imbarazzato per quanto sono in estasi.
Poi a un certo punto, quando loro non demordono, mi sembra tutto troppo ed esco improvvisamente dalla dark.
Appena fuori incontro Paolino al quale dico serafico non ti bacio che sono appena uscito dalla dark e non mi accorgo che i due ragazzi sono usciti dietro di me e aspettano, a qualche metro di distanza.
Li vedo qualche minuto dopo mentre sto continuando a parlare con Paolino e non capisco perché se ne restino lì. Non mi sfiora nemmeno l'anticamera del cervello che siano lì per me che attendano un mio segnale per andare magari a casa loro a riprendere quello che io avevo interrotto in dark.
In mia difesa posso solo addurre la mia rigidità mentale che non mi faceva collegare le cose: così come la mano destra non deve sapere quello che fa la sinistra, quello che fai in dark rimane in dark e fuori non conta.
I due se ne vanno, anche incazzati credo, e solo in quel momento mi rendo conto che ho perso un'occasione.
Fu il mio canotto più spettacolare.

Quando poi me ne vado da locale loro sono ancora al bar, seduti a un tavolino, e mi guardano con la faccia piena di meraviglia, avranno pensato che non mi piacevano abbastanza. A me non venne in mente di andare da loro e dirgli scusate per prima, posso sedermi?

La verità è che la dark mi permetteva di ignorare che quelle sagome lì presenti fossero delle persone.
Un rifiuto in dark non era un rifiuto a me era un rifiuto alla mia sagoma, era meno doloroso e definitivo, dunque più accettabile.
Un invito in dark non mi chiedeva di rispettare chissà quali standard.
Correre il rischio di un rifiuto o accettare un invito nel modo reale andava al di là delle mie possibilità. Venivo sempre colto da mille dover essere perdendo ogni forma di spontaneità perché mi chiedevo ogni istante se ero abbastanza bello, abbastanza bravo, abbastanza duro, abbastanza disponibile, abbastanza  qualsiasi si cosa... e perso in queste domande mi arenavo nella secca del desiderio scemato non avendo nemmeno il coraggio di dire non mi va più o magari più semplicemente questo non mi piace facciamo qualcos'altro.

Gli anni prima di Daniele sono stati tutto un sottrarmi ai contatti umani per paura di star male, di soffrire, di non piacere, di essere confermato brutto e sgradevole, come io per primo temevo di essere.

Oppure chissà, forse avevo rinunciato a quei due ragazzi belli perché quella sera non mi andava di andare a casa loro, perché forse solo per il fatto che ci stessero con me non significava che dovessi accettare per forza.
Forse perdo presto il desiderio, o mi piacciono solamente i preliminari, non mi va di portare necessariamente a termine, forse, una volta rassicurato che piaccio, posso tornare al resto della mia vita.  Forse voglio davvero seguire la mia onda di desiderio senza preoccuparmi degli altri, una volta tanto.

Ben presto divenni avvezzo alle mie intermittenze del cuore e in dark mi comportavo come mi andava fregandomene di apparire troppo o troppo poco.

Così una sera, alla dark improvvisata dell'Alpheus, riesco a soffiolavorare un ragazzetto biondo e bassino che mi era piaciuto subito appena ci eravamo visti al bar ,mentre a lui io no.
Devo dire dalla sue spinte pelviche che quel che gli stavo facendo doveva piacerli molto, con gli altri due tre soffiolavoratori del gruppo che si era creato intorno a lui non si comportava allo stesso modo, infatti tornava spesso da me, pur provando a variare.

Quella dark improvvisata regalava belle sorprese. La dark infatti era stata ricavata da una normale sala privée, spegnendone le luci. Così capitava che se ti appoggiavi su una parete dove c'era l'interruttore  la luce si accendesse per qualche istante. Così successe quella sera, quel tanto per mostrare al ragazzetto chi era quel pompinaro bravo.
Spalancò la bocca meravigliato che fossi io, quello che non gli piaceva, e che, invece, lo stava soffiolavorando alla grande.
Non a suo agio nell'apprendere che anche quelli che non ti piacciono fisicamente sanno farti godere, se ne uscì della dark confuso, guardando indietro, verso di me, per un ultima volta prima di uscire, anche se le luci si erano spente di nuovo da un pezzo.

Un'altra volta la luce si era accesa mentre stavo maneggiando i pantaloni di un trentenne in un orribile completo marrò.
Sapendo che la luce si sarebbe spenta in pochi istanti, continuai a sbottonargli patta e cintura e lui, imbarazzato come uno stupratore colto a fottere nonna Abelarda, mi disse, in seria difficoltà, ma non ti vergogni? Io me lo guardai, dal basso in alto, ero in ginocchio,  e gli risposi con un no che significava ma sei fuori? Avrei dovuto dirgli dovresti vergognarti tu del tuo completo marrò, ma la foia ebbe il sopravvento.

Un'altra sera, sempre all'Alpheus, nella dark che quella volta era meno dark del solito, tanto che, una volta abituato al buio, diventava una stanza in penombra, entra un ragazzetto coltello e palestrato, sicuramente etero, condotto da un vecchietto sulla settantina, malfermo sulle gambe non so se per l'età o per l'incredulità di essere riuscito a portare l'ambita preda in dark.

Una volta entrati io e due ...sorelle di dark, ci eravamo subito disposte intorno al ragazzetto che, evidentemente ubriaco e forse di più, si lascia fare. Come tre amiche abituate a condividere tutto iniziamo a soffiolavorarlo a turno, un po' io, ora un po' tu, ma dai che tu hai succhiato pochissimo, con lo stesso spirito delle bambine quando giocano col servizio da te giocattolo.
Il vecchietto, smarrito di fronte a tanta audacia, si allontanò rinunciando, mentre il ragazzetto, in pieno delirio di potenza, maschio desiderato da altri maschi,  ci dice, Aho, me raccomando, nun vojo vede altri cazzi, solo il mio. E noi, da brave bambine attente e prime della classe, squittiamo un corale mentre ci diamo da fare con ancora più foga.
Poi lui continua dicendo a nessuna di noi in particolare Aho a rega'  siete fortunati. Prima so andato in bagno a piscià e moo so lavato!!!

Al che io mi alzo per non ridergli in faccia, cioè sul cazzo, e perché cominciavo a non sentirmi più i piedi e vado alla ricerca di qualcun altro.

Anche alla dark dell'Alpheus una sera uno mi viene in bocca, e dopo avermi schizzato sul palato senza avvertirmi, mentre io mi levo bestemmiando, gli dico proprio ma porcodio, lui mi dice scusa, con un accento del sud che sarebbe piaciuto a Pasolini.

Dopo quel secondo incidente decido che se devo continuare a soffiolavorare in dark devo usare il profilattico.

Così mi munisco di profilattici al gusto di frutta, meno disgustosi di quelli che sanno solo di lattice, anche se sempre di lattice sanno, e la prima sera disponibile torno all'Alpheus, mi trovo questo ragazzetto muscoloso e con la camicia sbottonata, gli infilo veloce un profilattico e comincio a soffiolavorarlo.
Quello, manco gli avessi messo le manette ai polsi, mi chiede ma che cazzo m'hai messo, un preservativo? Ma che davero? 
Gli spiego il perché e lui mi dice no tranquillo levalo, nun te vengo in bocca, t'avverto prima.
Infatti mi avverte, e mi sborra sulla camicia, così devo aspettare che si asciughi prima di uscire dalla dark.

Un altro ragazzetto addirittura si allontana prima di venire io lo seguo e saggio il suo orgasmo con il palmo della mano, lui se ne meraviglia e se ne eccita anche tantissimo.

Poi incontrai Daniele e alle dark rinunciai, così, da un giorno all'altro. Ricordo una sera in una discoteca che non frequentavo mai questa dark altrettanto improbabile, alquanto frequentata e rumorosa e io che, pur sentendone il richiamo, me ne rimango lì, di fronte all'ingresso, incapace di allontanarmi e anche di entrarci, perché così avevo promesso a Daniele.

In dark ci tornerò subito dopo la fine della nostra storia, nel 2005. Era la dark dell'Hangar e mi trovai malissimo, c'era una violenza sotterranea insopportabile e indigesta per me, con tipi maneschi che ti toccavano come fossi un manichino, non si levavano anche se facevi il gesto di allontanarli e usavano sempre i cellulari per illuminarti ben bene prima di avvicinarsi a te.

Me ne uscii disgustato.

Da allora in dark non ci ho più rimesso piede, fino al 2014, quando sono entrato in quella di Mucca, ormai al Qube, e mi sono divertita come ai vecchi tempi.




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