Cecilia. Le sere al Pantheon 4
Da quando mio fratello ha iniziato a lavorare alla bancarella della sua amica Alessandra a San Paolo lo raggiungo spesso.
Poi andiamo al Pantheon insieme.
Un pomeriggio alla bancarella vedo questa ragazza molto bella che credo sia una cliente e invece scopro che è Cecilia.
Ale è talmente in ambasce che temo possa svenire da un momento all'altro.
Ha paura di essere scoperto e non mi saluta dandomi il suo solito bacio sulla guancia, mi porge la mano invece, maldestro.
Io dentro mi sento morire ma sto al suo gioco.
Mi sento morire perché mi fa sentire una checca sfranta che arriva con la stola di visone, trainata da quindici barboncini color fucsia e che saluta tutti con un caaaraaaa da far impallidire la Wanda Osiris.
A vederlo così in difficoltà credo che Ale quella faccenda della bisessualità non sappia proprio gestirsela.
Vederlo così in malarnese mi fa crollare tutte le certezze che ho sulla normalità dell'omoerotismo, anche, come se quel terrore che lo pervade in ogni sua fibra sia destinato un giorno o l'altro anche a me.
Mi fa pena perché mio fratello ha talmente paura che non si rende nemmeno conto che Alessandra e la sua ragazza Stella sono davvero visibili, molto più di me, perché si discostano dallo stereotipo di genere delle ragazze tutta femminilità e profumo di violetta e che, a meno che Cecilia non sia cieca, non può non averlo notato e capito tutto.
Mi rendo conto che il problema di Ale è una paura interiorizzata (non usavo la parola omofobia negli anni 80, non credo l'avessi ancora mai sentita) che proietta nelle altre persone.
In quel momento non vedevo un frocio in difficoltà, ma un ragazzo talmente incatenato alle sue paure che non sapeva nemmeno dire la verità alla sua ragazza, perché temeva che se lei avesse scoperto la verità avrebbe potuto vergognarsi di lui come evidentemente lui si vergognava di se stesso.
Questa vergogna interiorizzata mi arrivava di riflesso facendomi male come se la provassi io.
Mi faceva male anche perché poneva immediatamente mio fratello ad anni luce da me.
In quel momento perdo mio fratello come amico perché per quanto possa essere dalla sua parte non posso sostenerlo in quel suo comportamento vigliacco e mendace.
Non ci si può nascondere da quello che si è. Non con le persone che ami.
Soprattutto non si può avere vergogna di sé.
Vedo davanti a me uno che non conosco e non so se mai conoscerò.
Uno che non riconosco più.
Dov'è l'Alessandro che arrossiva quando mi accorgevo che mi guardava di nascosto?
Dov'è l'Alessandro che mi chiama dal telefono pubblico per invitarmi ad andare al Pantheon e raggiungerlo?
Dov'è l'Alessandro che mi somiglia tanto, anzi al quale somiglio tanto io, visto che Ale ha un anno più di me?
Se quella sera mi sento morire è perché mi sembra che i miei sogni siano destinati a rovinarsi sempre, dopo un po'.
Non capisco ancora che sono io idealizzare le storie e le persone e che probabilmente devo limitarmi ad accettare le persone per quello che sono, non per quello che io penso, desidero, sogno, pretendo che esse siano.
Vorrei tanto schiaffeggiare mio fratello e dirgli ma che cazzo c'hai da vergognarti perché scopi anche con gli uomini ?
Vorrei anche strattonare Cecilia per dirle Svegliati!! Non ti accorgi che il tuo amoroso va a letto con i ragazzi?
Invece me ne resto in silenzio, immobile, ferito e confuso come fosse colpa mia se Ale non è all'altezza delle mie aspettative.
Quella sera Ale non viene al Pantheon, rimane con Cecilia che gli ha fatto l'improvvisata.
Io lo saluto pieno di rabbia e di nausea.
Lui mi guarda con gli occhi che ancora pregano, non so se di tacere o di sopprimerlo.
Commenti
Posta un commento