Un frocetto di merda
Non mi è mai importato molto delle ricorrenze comandate.
La domenica ho sempre studiato meglio che le altre giornate.
C'era un magnifico silenzio la mattina e io studiavo senza distrazioni.
Nemmeno capodanno è mai stata una festa importante.
Ne ho passati tanti da solo, a casa, in compagnia di mezzo chilo di ravioli ricotta e spinaci e un paio di videocassette, quando ancora si prendevano a nolo.
Non che non abbia le mie tradizioni.
Il primo dell'anno per esempio, no matter what, si vede il concerto di capodanno, ma di celebrare le feste non me ne è mai importato un fico secco.
Così che la sera di San Silvestro 1989 io fossi rimasto a casa mentre mia sorella, acchitata come non mai, era andata a chissà quale cenone, non mi pesava. Tanto più se potevo fare compagnia a mamma, appena rientrata dall'ospedale per una polmonite atipica (segno dell'aids conclamato, col senno di poi).
Eppure non posso dire che non ce l'avessi con mia sorella.
Mi faceva un po' schifo e ribrezzo che lei preferisse trascorrere San Silvestro chissà dove (comunque in un locale pubblico, non in casa di amici) invece di stare a casa non dico col fratello ricchione ma con sua madre, quella stessa madre che, una volta morta, mi accuserà di avere coperto di vergogna con la mia frociaggine.
Sì, mia sorella mi ha detto anche questo. Non pensavate mica che l'avessi soprannominata la stronza con leggerezza, no?
La cura con cui mia sorella si era vestita e truccata (sempre in maniera eccessiva, come Anna Tatangelo, il trucco di una quarantenne sul viso di una 19enne) ai miei occhi non tradiva però angoscia e voglia di evadere, quanto il desiderio di aderire alle mondane consuetudini borghesi e quale consuetudine più mondana del veglione di capodanno ?
Mamma era solo convalescente, il ricchione bastava come badante.
Però almeno un po' di coerenza.
Se il fratello frocio aveva ricoperto la madre di vergogna forse non era il badante più adatto, no? Per mia sorella, evidentemente, chissenefrega.
Oppure si era trattato di una sua menzogna, tanto per ferirmi.
Lo sgomento che avevo provato quando l'avevo vista uscire, con una faccia da arpia che pensa di meritarsi un cenone dal conto salato insieme a tante persone estranee, scaturiva da quei suoi gusti da vecchia che non poteva sottrarsi a un rito sociale di massa, omologante, e dunque, dal mio punto di vista, banale e umiliante. Umiliante per lei.
Different strokes for different folks, lo so. Però nella sua diversità mia sorella era davvero comune.
Mia sorella aveva 19 anni e la naïveté di una 12enne che si sentiva fufilled (come diavolo si dice in italiano???) solo quando un maschio le pagava la cena, le apriva la portiera della macchina, e lei lo poteva sfoggiare.
Mia sorella è sempre stata molto contraddittoria in questo, ragazza autonoma da una parte ma terribilmente prona ai più triti stereotipi di genere dall'altra
A me ha sempre rinfacciato di non essere stato una figura maschile per lei, anche se non ho mai capito davvero cosa intendesse dire.
Probabilmente parlava di cura e di sostentamento.
Ma mia sorella è sempre stata quella più autonoma, anche economicamente, ancor prima della morte di mamma.
Mamma aveva condiviso con lei il controllo delle finanze.
Io no, perché ero considerato infido come papà ,che spendeva tutto alle scommesse dei cavalli.
Io l'unico vizio che ho avuto è quello per i libri, il teatro, il cinema, i concerti, che, è vero, costano.
E poi, morta mamma, Silvia ha percepito la pensione di reversibilità di mamma, io no perché avevo superato il 25mo anno di età.
A sentire mia sorella in quei primi anni lei aveva mantenuto anche me.
E questo non è affatto vero.
Vero è che io gestivo poco le pulizie di casa, esclusi bagno cucina e camera mia, d'altronde se voleva vivere in un mammausoleo poteva anche pulirselo.
Magari se avessimo fatto dei turni di pulizia li avrei anche seguiti. Ma mia sorella non chiede mai. Sei tu che devi arrivarci da solo.
Grazie a Dea avevo il mio lavoro e la mia quota di soldi di mamma che dovevo alla raccomandazione spassionata di Zia Clara che me li aveva fatti prendere quando mamma era ancora viva altrimenti chissà se li avrei mai visti.
Non c'è bisogno di dire che della pensione di reversibilità di mamma io non ho mai visto un centesimo, vero?
Il primo anno guadagnavo poco più di 400 mila lire e non potevo permettermi nemmeno di comprare il manifesto.
Io studiavo e lavoravo e accettavo qualunque extra riuscissi a trovare.
Così per un autunno e un inverno interi andai a casa di amici a fare le pulizie.
Ale ma mi imbarazzo.
Meglio me che un estraneo, no? Almeno mi aiuti. Se non ti piace come pulisco me lo dici e non vengo più.
Mi ricordo che quando seppe che tutti lunedì facevo tre ore da Francesco, mia sorella mi disse ero fortunato a prendere 10 mila lire l'ora, mentre a causa delle filippine, le donne non le isole, che si erano messe d'accordo, chi offriva quel tipo di lavoro non ti dava più di sei-sette mila lire l'ora e lei per quella cifra non si abbassava a fare le pulizie.
Capota l'antifona?
Se il padrone paga un salario basso non è colpa sua è colpa di chi per necessità accetta quel salario basso.
Glielo feci notare e lei se ne andò incazzata inveendo contro le filippine organizzate.
Mia sorella sapeva essere volgare quando esprimeva il suo dissenso, di una volgarità disgustosa, perché classista e mendace.
Se lei poteva permettersi di non fare le pulizie era perché percepiva 700mila lire al mese di pensione. Non per altro.
Non dico dovessimo proprio fare a metà ma avrebbe potuto pagare lei le bollette di casa, o la mia quota d'affitto. Almeno avremmo potuto parlare di quei soldi. Ma l'argomento lo affrontammo solo anni dopo quando lo tirai fuori io.
Finché abbiamo vissuto insieme io non ho mai preteso che mia sorella condividesse quei soldi con me, il fatto che lei li incassasse senza battere ciglio, lasciando intendere che mi manteneva la diceva lunga sulla sincerità di mia sorella e sulla qualità del nostro rapporto.
Insomma sono lì ad accudire mamma che, pur se convalescente, non sta bene d'umore (ora sappiamo il perché) e preferisce rimanere a letto, così le accendo la tv e ogni tanto vado a vedere se dorme o se ha bisogno di qualcosa.
Più si avvicinava la mezzanotte e più mi sentivo da solo, perché anche mia sorella, siccome ci dormiva insieme, millantava una premura di cura, stavo cominciando a capire che fosse solamente un corollario della sua comodità.
Silvia dormiva con mamma da diversi anni nonostante avesse la sua mezza stanza condivisa con me (i nostri armadi affiancati a fare da divisorio) dove veniva solamente la mattina alle sei e trenta a truccarsi e farsi capelli, accendendo tutte le luci e usando il phon anche se io (già universitario) ancora dormivo.
Perché prendersi il disturbo di truccarsi in bagno?
Differenza di temperamento.
Io non riuscirei a far rumore figuriamoci usare il phon, nemmeno se a dormire fosse il mio peggior nemico. Così, per rispetto umano.
E mia sorella con quella sua mancanza di rispetto non voleva comunicarmi del risentimento nei miei confronti. Le rodeva solamente il culo che io potessi dormire un po' di più e lei no.
Era proprio stronza. Sempre incazzata, anche di prima mattina, quando le chiedevo se poteva spegnere la luce, mi rispondeva con certi rodimenti di culo... Chissà come avrebbe reagito se glielo avessi chiesto in malomodo...
Ma se una è stronza mica è detto che devi lasciarti stronzificare, no?
Ogni volta che provo disprezzo per mia sorella provo anche una rabbia immensa.
Rabbia che lei sia fatta in un modo che non mi piace, che la persona che lei agisce, perché chissà dentro com'è davvero, chissà cosa c'è dietro quella stronzaggine, quella persona lì la disprezzo davvero tanto.
Che il portato sociale di quel tipo di persona io lo combatto nella mia militanza, nelle mie critiche teatrali e cinematografiche, in tutti i miei scritti, nella mia vita.
Schizofrenicamente mi ritrovo a volere bene a una che per come pensa e come agisce è mia nemica.
C'è stato un lungo periodo in cui io e mia sorella litigavamo fin quasi ad arrivare alle mani girando intorno a mamma che cercava sempre di separarci.
Io pensavo che la nostra fosse una famiglia disfunzionale e che non ce ne fosse una uguale al mondo.
Poi vidi Ai nostri amori di Maurice Pialat, film in una scena del quale, un fratello ciccione ed effeminato litiga con la sorella che siccome è sessualmente attiva viene giudicata secondo le norme del patriarcato, mentre la mamma cerca di separarli e mi sono detto che se eravamo in un film allora la nostra disfunzionalità era molto più comune e normale di quanto non temessi.
Quella sera di San Silvestro del 1989, verso le 23.30 mamma ha un collasso, suda freddo, è molto agitata, si sente morire, ha un calo di pressione, sviene.
Si riprende solo quando mi sto decidendo a chiamare l'ambulanza.
La televisione in bianco e nero, quella che dopo la sua morte passerà nella mia stanza, scandisce i secondi che mancano al nuovo anno.
Mentre vedo una mondanità che non mi appartiene penso che mia sorella è là in un mondo che io e mamma ci limitiamo a guardare dalla finestra elettronica di casa nostra.
L'indomani mattina, appena mia sorella si sveglia e mi sorprende in camera da pranzo a seguire il concerto di capodanno, ostile e arrabbiata, mi dice, con un tono greve e aggressivo, che invece di guardare il concerto di capodanno posso anche pensare a mamma perché lei non è mica la sua serva.
Oggi credo che le avrei dato un ceffone così forte da farle sanguinare il naso.
Allora incassai il colpo in silenzio.
Ero proprio un frocetto di merda.
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