Show Me!
Eravamo in vacanza a Civitanova Marche. Estate del 1975. Io avevo 10 anni, mia sorella 5 e mezzo.
Avevamo affittato la casa di una famiglia che se ne andava sua volta in vacanza.
Era la prima volta che con la Ginecrazia eravamo in una casa e non in albergo.
Un pomeriggio mi ritrovo da solo.
Non so dove fosse andate le donne.
So che io non ero voluto andare e mia madre mi aveva permesso di rimanere a casa.
Da solo mi annoiavo e cominciai a curiosare tra gli oggetti della casa.
Nelle altre ante dell'armadio, quelle che non erano state liberate per fare spazio alle nostre cose.
Avevo trovato dei dischi, degli album di foto. Ma fu un libro a incuriosirmi.
Si trattava di Show Me! il libro fotografico di Will McBride che mostrava in maniera schietta ma rispettosa la sessualità e il corpo umani.
Quelle foto di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne nudi, rilassate, sorridenti, divertiti, in relazione, mi colpì come un treno in corsa.
Non era tanto l'emozione di vedere tutti quei nudi.
Non era nemmeno l'idea che per fare quelle foto tutte quelle persone si dovevano essere spogliate davvero.
Non era neanche il desiderio che quei corpi nudi muovevano in me.
Con quel libro scoprivo che la curiosità per il corpo umano, non era una mia prerogativa che mi rendeva diverso, unico e strano.
Se ci avevano fatto un libro non morboso, non proibito, voleva dire che era una curiosità legittima, diffusa, comune, accettata e accettabile.
Quel libro fu la mia salvezza. La mia accettazione.
Mai avrei visto altre immagini così esplicite eppure così prive di sottintesi, di cupidigia, di ruoli e sottotesti. Mai altre immagini così belle. Quel libro non mostrava parti anatomiche ma mostrava persone nude, cogliendo le loro emozioni e sentimenti, le loro relazioni e reazioni nello stare nude, insieme.
Quel libro restituiva dignità alle mie curiosità gluteali, legittimità al mio sguardo sulle chiappe piene di efelidi che mia cugina Giuliana mi aveva fatto vedere appena glielo avevo chiesto.
Quel libro mi mostrava le differenze tra uomini e donne, ma anche le differenze d'età.
Rimasi incantato dalla delicata perfezione della piccola vagina glabra e intonsa di una bambina bionda, dalle forme così aggraziate che non potevano competere con quella del bitorzoluto fagiolino dei bambini coetanei.
Nelle persone adulte la vagina diventava più disordinata, più organica, con tutti quei peli, la forma delle grandi labbra mi turbava, mentre il pene a riposo o in erezione aveva una sua elegante semplicità.
Quelle foto mi permettevano di vivermi le emozioni che mi suscitavano senza avere senso di colpa alcuno. Perché a differenza di altre foto innocenti che turbavano me per un effetto collaterale non previsto, le foto di McBride erano state fatte perché uno sguardo curioso potesse posarsi su di loro, esplorare ogni centimetro di pelle senza per questo sentirsi strani o maliziosi o...
Per la prima volta potevo permettermi di assecondare le mie emozioni, i miei turbamenti, grazie a quelle foto mi sentivo autorizzato, guidato, tutelato, riconosciuto.
Non c'era niente di sbagliato nella mia curiosità, anzi, quell'equilibrio, quella parità ,quel rispetto nello stare nudi dei ragazzini con le ragazzine, quella loro intimità colta e non violata, l'uno di fronte all'altra, è stata la più grande lezione di libertà e di dignità del desiderio se(n)(s)suale che abbia mai ricevuto nella mia vita.
Grazie alle foto di McBride capii che c'era un mondo più grande e diverso da quello della Ginecrazia, un mondo lontano ma accessibile, in una lingua straniera, ma sullo stesso pianeta, un mondo altro e desiderabile che, chissà, un giorno sarebbe stato accessibile anche per me.
Da grande mi ricordavo del libro ma ignoravo il nome di chi avesse fatto le foto.
A Parigi nel 2015, quando andai a vedere una mostra di Will McBride, un nome a me sconosciuto, attratto dalla bellezza della foto usata come manifesto, scoprii che le foto di quel libro che avevo visto a 9 anni le aveva scattate lui.
Una prima copia del manifesto la lasciai a Parigi, a casa di Paolo Flusso che non me l'ha mai spedita come gli avevo chiesto di fare.
Ci sono dovuto tornare a Parigi per prendere un'altra copia del manifesto. Fu una gioia ritrovarlo alla Galerie Au Bonheur du Jour.
Da allora campeggia all'ingresso di casa.
Invece il Paolo che ho ritrovato a Roma nel 2016, era così diverso da quello di cui mi ero innamorato nel 2014, da meritarsi il soprannome di Flusso.
Per ricordarmi quanto era ridicolo.
Non so più se lui o io che me ne ero innamorato.
Il libro si trova solamente usato e costa una fortuna.
E una forma si è chiusa.
Avevamo affittato la casa di una famiglia che se ne andava sua volta in vacanza.
Era la prima volta che con la Ginecrazia eravamo in una casa e non in albergo.
Un pomeriggio mi ritrovo da solo.
Non so dove fosse andate le donne.
So che io non ero voluto andare e mia madre mi aveva permesso di rimanere a casa.
Da solo mi annoiavo e cominciai a curiosare tra gli oggetti della casa.
Nelle altre ante dell'armadio, quelle che non erano state liberate per fare spazio alle nostre cose.
Avevo trovato dei dischi, degli album di foto. Ma fu un libro a incuriosirmi.
Si trattava di Show Me! il libro fotografico di Will McBride che mostrava in maniera schietta ma rispettosa la sessualità e il corpo umani.
Quelle foto di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne nudi, rilassate, sorridenti, divertiti, in relazione, mi colpì come un treno in corsa.
Non era tanto l'emozione di vedere tutti quei nudi.
Non era nemmeno l'idea che per fare quelle foto tutte quelle persone si dovevano essere spogliate davvero.
Non era neanche il desiderio che quei corpi nudi muovevano in me.
Con quel libro scoprivo che la curiosità per il corpo umano, non era una mia prerogativa che mi rendeva diverso, unico e strano.
Se ci avevano fatto un libro non morboso, non proibito, voleva dire che era una curiosità legittima, diffusa, comune, accettata e accettabile.
Quel libro fu la mia salvezza. La mia accettazione.
Mai avrei visto altre immagini così esplicite eppure così prive di sottintesi, di cupidigia, di ruoli e sottotesti. Mai altre immagini così belle. Quel libro non mostrava parti anatomiche ma mostrava persone nude, cogliendo le loro emozioni e sentimenti, le loro relazioni e reazioni nello stare nude, insieme.
Quel libro restituiva dignità alle mie curiosità gluteali, legittimità al mio sguardo sulle chiappe piene di efelidi che mia cugina Giuliana mi aveva fatto vedere appena glielo avevo chiesto.
Quel libro mi mostrava le differenze tra uomini e donne, ma anche le differenze d'età.
Rimasi incantato dalla delicata perfezione della piccola vagina glabra e intonsa di una bambina bionda, dalle forme così aggraziate che non potevano competere con quella del bitorzoluto fagiolino dei bambini coetanei.
Nelle persone adulte la vagina diventava più disordinata, più organica, con tutti quei peli, la forma delle grandi labbra mi turbava, mentre il pene a riposo o in erezione aveva una sua elegante semplicità.
Quelle foto mi permettevano di vivermi le emozioni che mi suscitavano senza avere senso di colpa alcuno. Perché a differenza di altre foto innocenti che turbavano me per un effetto collaterale non previsto, le foto di McBride erano state fatte perché uno sguardo curioso potesse posarsi su di loro, esplorare ogni centimetro di pelle senza per questo sentirsi strani o maliziosi o...
Per la prima volta potevo permettermi di assecondare le mie emozioni, i miei turbamenti, grazie a quelle foto mi sentivo autorizzato, guidato, tutelato, riconosciuto.
Non c'era niente di sbagliato nella mia curiosità, anzi, quell'equilibrio, quella parità ,quel rispetto nello stare nudi dei ragazzini con le ragazzine, quella loro intimità colta e non violata, l'uno di fronte all'altra, è stata la più grande lezione di libertà e di dignità del desiderio se(n)(s)suale che abbia mai ricevuto nella mia vita.
Grazie alle foto di McBride capii che c'era un mondo più grande e diverso da quello della Ginecrazia, un mondo lontano ma accessibile, in una lingua straniera, ma sullo stesso pianeta, un mondo altro e desiderabile che, chissà, un giorno sarebbe stato accessibile anche per me.
Da grande mi ricordavo del libro ma ignoravo il nome di chi avesse fatto le foto.
A Parigi nel 2015, quando andai a vedere una mostra di Will McBride, un nome a me sconosciuto, attratto dalla bellezza della foto usata come manifesto, scoprii che le foto di quel libro che avevo visto a 9 anni le aveva scattate lui.
Una prima copia del manifesto la lasciai a Parigi, a casa di Paolo Flusso che non me l'ha mai spedita come gli avevo chiesto di fare.
Ci sono dovuto tornare a Parigi per prendere un'altra copia del manifesto. Fu una gioia ritrovarlo alla Galerie Au Bonheur du Jour.
Da allora campeggia all'ingresso di casa.
Invece il Paolo che ho ritrovato a Roma nel 2016, era così diverso da quello di cui mi ero innamorato nel 2014, da meritarsi il soprannome di Flusso.
Per ricordarmi quanto era ridicolo.
Non so più se lui o io che me ne ero innamorato.
Il libro si trova solamente usato e costa una fortuna.
E una forma si è chiusa.
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