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Paolo VI




Dopo il Paolo del pisello baciato, il Paolo bis-fidanzato, il Paolo della pausa di riflessione, quello che mi nascondeva le uscite con Guendalino e Paolo del flusso, il sesto, ma la graduatoria è del tutto casuale, è Paolo mio cugino, col quale, quando io avrò avuto otto o nove anni successe qualcosa.

Non mi ricordo come aveva introdotto l'argomento, mi ricordo solo che a un certo punto mio cugino Paolo, il figlio di zia Liliana, quella che si era incazzata io andassi in ufficio il giorno dopo la morte di mamma, se l'era tirato fuori e mi aveva chiesto se volevo giocarci.

Io ero molto turbato, il suo pisello era molto diverso nella forma e nella consistenza da ogni altro pisello avessi mai visto. Era molto grande, rigido, con un glande bianco che mezzo spuntava dal prepuzio e che mio cugino mi chiedeva di sguainare, senza che io mi decidessi farlo, non avendone esperienza alla prima resistenza del glande avevo desistito temendo di fargli male.
Mio cugino era molto disinvolto col pisello di fuori, che a me pareva così grande che quando mi aveva chiesto se volevo che anche lui facesse a me quello che io stavo facendo, male, a lui, io mi ritrassi in un diniego imbarazzato. Il mio di pisello non avrebbe mai potuto competere col suo in grandezza, potenza e autorità.

Paolo avrà avuto 15 16 anni ed era bellissimo.
Io ancora non mi capacitavo che uno grande si concedesse a me e cercavo di prolungare quel momento il più possibile.
Ma col suo pisello tra le mani non sapevo davvero cosa dovessi fare, era un pisello così diverso dagli altri che stavo navigando a vista e avevo una tremenda paura di sbagliare.
Poi, non so se per evitare certe conseguenze o perché venimmo disturbati dal resto della casa, mio cugino se lo rimette nei pantaloni.
E io sento di avere perso un'occasione.
Ma sono troppo piccolo, troppo timido per chiedergli di farmelo toccare ancora.
Poi mio cugino è già in cerca di mia madre, zia zia, e io resto da solo con la mia inadeguatezza.

Anni dopo, all'incirca un paio dopo che ero diventato sessualmente attivo (non nel senso dei ruoli ma in quello più generico di fare sesso),  verso i miei 14 anni, ci ritroviamo io e Paolo VI, nella stessa stanza.
Io gli racconto quello che era successo lì anni prima.
Lui non se ne ricorda.
Ma non è imbarazzato. Mi dice può essere all'epoca me lo tiravo fuori sempre, con ragazze e ragazzi.
Poi, come a volermi testare, mi chiede, ammiccante, ma non mi pare che sono venuto... io gli rispondo No.
Avrei potuto continuare dicendogli, potresti farlo adesso. Ma non osavo espormi così tanto.
Non poteva tirarselo fuori come l'altra volta e affidarlo ancora alle mie cure?
Invece Paolo si sdraia sul letto, le mani dietro la nuca.

Io lo rintuzzo sperando si decida a prendere lui l'iniziativa. Gli dico che già all'epoca mi era sembrato grosso e gli chiedo quanto è grosso ora.
Lui fa un gesto con le dita e dice così. 
Io non riesco nemmeno a dirgli fammelo vedere.
Mio cugino attende, è lì, inequivocabilmente disponibile, ma io pavento troppo un suo diniego, e se mi stessi sbagliando?
Dopo qualche minuto, se ne va, ormai disinteressato.

Quella fu la prima di una serie di occasioni mancate, a causa di una mia certa vocazione maldestra che mi accompagna ancora.
Una serie interminabile di occasioni mancate che annovero sotto il nome di sindrome del canotto.

Ma di questo vi parlerò prossimamente.

Un grazie alla mia amica Paola che mi ha suggerito il titolo di questo post.

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