Paolo settimo
Questo è il paolo del sesso, tanto sesso, solo sesso, che si protrarrà dal 1983 ad almeno il 1995.
Un ragazzo minuto, gentile, carino, con seri problemi di acne che lo rendevano imbarazzato e, agli occhi altrui, poco appetibile. Noi adolescenti sappiamo essere crudeli.
Lo avevo conosciuto a scuola, al laboratorio di teatro, e avevamo iniziato a frequentarci anche per conto nostro.
Lui, che avevo compiuto 18 anni da poco, guidava un maggiolino arancione che gli aveva regalato il padre, col quale andavamo in giro per i primi locali.
Ne frequentavamo uno vicino Porta San Pancrazio, gestito da una coppia di amici di Paolo, sulla trentina inoltrata, lei attrice lui danzatore che, non riuscendo a campare del loro mestiere, si erano inventati una fonte di guadagno.
A me piaceva l'aria anni settanta di lei, le sue tuniche all'indiana, i capelli lunghi, le collanone di vetro, il gusto nell'avere arredato il locale con stoffe dai lei colorate.
Paolo era incuriosito dal fatto che trovassi bella lei e che invece lui non mi piacesse.
Sapeva mi piacessero i ragazzi come il resto della scuola.
Quando eravamo entrati in confidenza, curioso, avevo iniziato a farmi domande.
Una sera eravamo andati ai giardinetti, quelli dove secoli prima avevo incontrato Luca col costume di Robin Hood.
Siamo seduti a una panchina, al buio, alcune luci lontane rischiarano i dintorni.
Paolo mi fa domande sulle mie avventure di sesso, su quello che avevo fatto, quando, come e con chi.
Si eccita. Mi dice sono duro ora. Vuoi sentire?
Io metto la mano e saggio un'asta, non particolarmente grande, in piena erezione.
Dopo aver saggiato tolgo la mano e Paolo mi dice no, puoi continuare a tenercela se vuoi.
Allora la prendo nella mia mano, custodisco la sua erezione, senza pensare a movimenti masturbatori o di qualsiasi altro genere.
Lo tengo in mano come fosse un manico dal quale prendere Paolo, un'appendice tramite la quale portarlo a passeggio.
Io sono seduto sulla panchina, lui sta seduto sul lato dello schienale, le gambe semi aperte, in una posizione dove mi è facile mettere e togliere la mano in qualunque momento. Non lo guardo in viso, preferisco scrutare l'orizzonte per vedere se qualcuno si avvicina, per levarmi nel caso.
Paolo mi chiede se ho fatto sesso insertivo. Usa un linguaggio molto esplicito, scurrile, da rivista porno che io trovo, non so perché, adolescenziale.
Ti hanno sborrato in culo? incalza.
Nessuno che ha fatto davvero quelle cose ci si riferisce con quelle parole.
O almeno, non io.
Gli dico di sì, che è successo con Andrea.
Lo sento che smania alla sola idea.
Ce l'ho in mano, in tutti sensi.
Poi un pomeriggio che siamo seduti sul mio letto da single io gli chiedo di farmelo vedere.
Paolo me lo mostra, è moscio all'inizio, ma si ingrandisce quasi subito.
Paolo soffre di una piccola fimosi, che non gli fa scoprire il glande del tutto.
Lui se ne imbarazza.
Mentre io inizio ad armeggiare col suo cazzo, sta per darmi istruzioni ma io lo rassicuro, so come trattarla.
Lui si rilassa. Si lascia fare.
Quando sente la mia lingua sul suo glande semiscoperto emette un gemito lungo e profondo.
Si perde nel suo piacere, è distante anni luce, non mi guarda, non pensa a me, viene quasi subito.
Io non mi levo.
Lui torna in sé mi guarda mentre bevo le ultime gocce e mi dice io non potrei farlo mai, è come leccare la merda per me.
Da allora Paolo viene a trovarmi spesso, spessissimo. Sempre in tuta, sempre in fregole, nervoso, spiccio, frettoloso, dubbioso, sospettoso, disponibile.
Geme sempre tantissimo, la fimosi lo rende sensibile e ogni tanto ispira a detti stretti come provasse dolore.
Mi piace sentirlo gemere, sentirlo perdersi nel piacere di un orgasmo che col tempo arriva meno di fretta, più disinvolto, meno sfuggente, più presente.
Solo adesso che ne scrivo mi accorgo che nel mio ricordo della nostra prima volta c'è un dettaglio impossibile.
Io e Paolo siamo seduti sul mio letto e fuori in balcone c'è mia nonna che armeggia con l'armadio esterno che usavamo per tenere cianfrusaglie e utensili che non trovavano posto in casa.
Nonna non può entrare dalla porta finestra perché è chiusa dall'interno, infatti è entrata dalla camera da pranzo, il balcone dà su entrambe le stanze.
Però può guardare attraverso il vetro ma non può vedere perché c'è una tenda, che per noi non è così opaca da impedire di guardarci attraverso, ma per lei sì perché fuori c'è più luce che dentro.
Paolo me lo chiede diverse volte mentre io glielo succhio, ma sei sicuro che non può vederci? Poi si convince e si gode la pompa.
Ho il ricordo preciso e nitido di nonna attraverso la tenda, e di noi sul mio letto, nella camera divisa a metà con mia sorella, Paolo col cazzo di fuori mentre io glielo succhio.
Ma questo ricordo non può essere vero.
La stanza venne divisa a metà solamente dopo la morte di nonna. per cui se c'è nonna nel ricordo la stanza non può essere quella.
Quando nonna era in vita quella era la stanza di mia madre e di mia sorella, quindi era davvero improbabile che io andassi a succhiare l'uccello a Paolo settimo proprio lì.
L'unica alternativa è che non sia mia nonna quella fuori dal balcone, ma mia madre, o mia sorella.
Ma non mi ci vedo proprio a soffiolavorare Paolo dinanzi mia madre.
Tantomeno a mia sorella.
Di Silvia non mi sarei mai fidato, troppo svelta, sospettosa e intuitiva per non accorgersi anche della minima manovra.
Dinanzi Silvia non sarei stato così spavaldo.
E' la prima volta che mi accorgo di avere un ricordo che non può essere vero.
Non si tratta di una data o di un ambiente o di una cronologia che scopro inesatte.
Quello è già più comprensibile.
Questo è proprio un ricordo.
C'è, ma non può essere vero.
Sorgono spontanee un po' di considerazioni.
1) La sicurezza nella fisica (nella scienza).
Sono sicuro che la differenza di illuminazione renda la tenda opaca dal lato più luminoso e trasparente da quello più buio. Sono così sicuro che non devo verificare.
Ne ho una conferma indiretta perché nonna guarda verso la tenda in nostra direzione ma non trasecola, se ci vedesse dovrebbe trasecolare visto che io ho il cazzo di Paolo in bocca.
2) Non mi vergogno a fare sesso davanti a mia nonna, cioè davanti alla Ginecrazia.
Il fatto che lei non mi veda e pure ci sia è per me una forma di legittimazione, come tutte le cose che mia nonna mi ha aiutato a fare, dai concerti ai cinema, dai libri alle mostre. Stavolta nonna non deve aiutarmi più, sto facendo tutto da solo, per cui la sua presenza è come un riconoscimento ex ante per tutto quello che mi ha fatto fare, che mi ha portato alla confidenza di me stesso che mi permette, adesso, di fare da solo quello che sto facendo.
3) Mentre mia nonna è sessualmente neutra (non mi vergogno di succhiare i cazzi davanti a lei) se lo faccio davanti a mia madre e mia sorella me ne vergogno assai.
Non per per pudore, perché lo faccio davanti a loro anche se non visto. E' che davanti mia madre e mia sorella divento un succhiacazzi e basta. Ho paura che, se lo sapessero, loro potrebbero usare questa cosa contro di me. Sono sicuro che lo farebbero.
Mia sorella lo ha fatto.
Una volta che parlavamo di pratiche sessuali quando le ho espresso la mia passione per la fellatio lei mi ha trattato con condiscendenza dicendo che era una pratica che lei non gradiva, troppo limitata e noiosa e poi lo sperma ha un sapore cattivo. Badate bene, non che a lei lo sperma non piace, ma è cattivo.
Mia sorella non è l'unica cui non piace lo sperma.
Quando è una ragazzo a dirmelo di solito gli rispondo allora non sei frocio.
A lei ho detto allora non ti piacciono davvero gli uomini.
E lei invece di ridere ha sciorinato una spiegazione arzigogolata sul perché lo sperma ha un sapore cattivo e pretendeva che non viene prodotto solamente dai testicoli e dalla prostata ma anche dalle ghiandole surrenali.
Naturalmente non è vero, le ghiandole surrenali producono ormoni sessuali ma non sperma o liquido seminale... La sicumera di mia sorella è pari alla sua omofobia quindi immensa.
Comunque sia, simbolicamente lo sguardi di mia sorella e di mia madre mi inibiscono quello di mia nonna invece mi incentiva.
Non crediate a velleità temerarie che non avevo mai avuto il coraggio di mettere in atto.
Spesso, quando avevo 12 e 13 anni, ma anche dopo, fino all'avvento di Andrea, mi capitava di farlo con Graziano e Marco in camera mia (e di nonna) quando mamma e nonna erano in giro per la casa.
La porta di camera mia non si chiudeva a chiave, non lo avrei comunque potuto fare, avrebbe insospettito.
Per cui mentre Graziano o Marco mi succhiavano il cazzo io me ne stavo in piedi con la schiena appoggiata alla porta, l'orecchio teso a sentire gli spostamenti di mamma e nonna, in modo che se loro cercavano di entrare io avrei fato resistenza col mio corpo e impedito loro di aprire, dandoci il tempo di ricomporci.
Non è mai accaduto che qualcuna cercasse di entrare.
L'eccitazione di stare facendo sesso mentre i tuoi sono in giro era impagabile.
Ero sempre io che tenevo la situazione sotto controllo, dirimendo pompe, orgasmi, e movimenti.
Potrebbe sembrare contraddittorio con quanto ho detto prima su mia madre e mia sorella.
Ma qui non c'era lo sguardo di mezzo.
Io in camera non vedevo mia madre (o mia nonna) come nel ricordo della porta finestra.
Sapevo che mia madre non si immaginava nemmeno cosa stessei facendo in camera.
L'eccitazione non risiedeva tanto nel rischio di essere scoperti quanto nello stare facendo sotto il suo naso qualcosa che lei non si immaginava nemmeno.
Una volta, per un rumore che mi aveva insospettito, imposi a Marco di rimanere immobile subito dopo essergli venuto in bocca.
Avevo sentito mamma avvicinarsi al telefono ma non il rumore del disco combinatore.
Non stava componendo nessun numero. Sospettando un suo agguato avevo sospeso tutto.
Marco se n'era rimasto col mio cazzo in bocca, appena venuto, io stavo con l'orecchio teso, quando vedo un misto di saliva e seme colargli dalla bocca.
Sul viso di Marco non c'è alcun segno di fastidio o di imbarazzo o di disgusto.
C'è l'impassibilità di chi sta facendo una cosa che gli piace alla quale è anche abituato.
Una impassibilità pari alla mia. Mi sono rispecchiato in Marco e mi sono intenerito per quello spirito di corpo.
Graziano invece dovevi sempre convincerlo un po' e consolarlo di certe conseguenze.
Marco no. Moi non plus.
4) Se il ricordo è del tutto inventato non so davvero come interpretarlo.
Nel tempo con Paolo le cose evolvettero.
Complice casa sua che era vuota e libera, nel pomeriggio ci dedicavamo a sessioni nelle quale Paolo comincia a farmi i suoi primi pompini.
Paolo verbalizzava sempre tutto, e prima di prendermelo in bocca, prima di leccarmi l'ano, prima di bere il mio orgasmo, avvertiva sempre l'esigenza di commentare il suo comportamento dicendo che era porco, o che lo faceva per imitazione, per reciprocità.
Io lo lasciavo fare.
Paolo non mi doveva alcuna spiegazione e se quelle servivano a lui per tranquillizzarsi chi ero io per dirgli tesoro guarda che rimani etero anche se lo prendi in bocca?
Non basta fare sesso con una persona del tuo sesso per essere omosessuali.
Ci devono anche essere i sentimenti.
Non mi è mai piaciuto particolarmente Paolo.
Non dico fisicamente, dico nei modi di fare.
Non sopportavo quel suo certo nervosismo di fondo, che non lo faceva rilassare mai, quella fretta mal mitigata che lo condannava sempre a una certa approssimazione, alla fuga, a non rimanere mai sul pezzo, a non stare mai completamente dentro le cose.
Traevo molto più piacere a fargli le pompe io delle pompe che Paolo faceva a me.
Questo si traduceva in una mia continua perdita d'erezione che Paolo mi rimproverava.
Non ti vedo mai su Ale come mai?
A me quell'osservazione mi sembrava un rimprovero che confermava l'idea di maschio fallato con la quale mi aveva allevato mamma.
Non avevo mai pensato che la perdita di erezione, che non era mai totale, ma ondivaga, fosse segno di un mio scarso interesse alle attenzioni Paolo al mio cazzo. Intuivo che quando me lo prendeva in bocca stava soddisfacendo la sua voglia di cazzo e mi sentivo quasi di troppo.
Col senno di poi avessi avuto il cazzo svitabile glielo avrei lasciato e gli avrei detto chiamami quando avete fatto.
Invece, vittima anche io del patriarcato, pensavo di non poter rifiutare una pompa e rimanevo impelagato lì, nelle sue pompe timorose, fatte sempre con sospetto, con una continua lotta tra il mi piace non mi piace, nelle sue tante piccole lamentele, sull'erezione, sulla mia partecipazione, sul sapore del mio sperma, ma allora che lo ingoi a fare?
Di Paolo mi eccitava l'idea arrivare là dove lui sarebbe voluto arrivare con qualche ragazza e di esserci arrivato io per primo.
Una volta che lo abbiamo fatto dopo tanto tempo che non lo facevamo lui mi chiede di fare l'insertivo. Di solito aveva provato a fare l'insertivo lui, ma io non glielo avevo mai lasciato mai fare.
Mi era bastato fare Jane Birkin con Andrea.
Mi sentii in dovere di scoparlo per tutte le volte che non gli avevo permesso di scopare me.
Mentre sono sul punto di entrare lui si gira, e con la voce quasi rotta dalla commozione mi dice, io ti ho sempre voluto bene Ale, lo sai?
Come molti maschi etero anche Paolo credeva che per potersi concedere il piacere della ricettività anale doveva amare l'uomo che stava accingendosi a ricevere dentro di sé.
In realtà è vero il contrario. Lo spiega bene Genet, tramite Fassbinder.
Quando Querelle, nell'omonimo film di Fassbinder, scopa per la prima volta Gil, la voce narrante dice:
Oscuramente Querelle sentiva che l'amore è qualcosa di libero: bisogna volerlo. Anche se non si ama un uomo può essere divertente farsi fottere, ma per poter scopare qualcuno bisogna amarlo, sia pure per un breve istante. Se voleva quindi amare Gil doveva rinunciare alla sua passività. Querelle si sforzò di farlo.Io non riuscivo ad amarlo perché una volta entrato ho perso l'erezione quasi subito.
Dopo quella volta da insertivo, Paolo non lo rividi più.
Doveva essere il 1995.
Credo intanto di avere risolto l'arcano del ricordo.
Il ricordo è vero, e non c'è alcuna sostituzione di persona, era davvero nonna, ma il ricordo è precedente.
Risale a Paolo VI, non quando me lo mise in mano ma quando mancai il canotto, quando non sono riuscito a farci roba.
Quando gli ho chiesto quanto ce l'aveva grosso eravamo nella camera col balcone che non era ancora la camera di mamma e Silvia, quello lo diventerà dopo, era ancora la camera di mia sorella e mia.
Perché c'era stato un periodo in cui mia sorella e io dormivamo nella stessa stanza, in due letti singoli. Quando Silvia dormirà con mamma invece c'era già un letto matrimoniale.
Non ricordo come, quando o perché io e mia sorella venimmo separati.
Credo che fu per decisione di mamma ma poteva anche essere stato per volontà di mia sorella. Dovrò indagare.
Questo getta nuova luce sui nostri trascorsi e diventa una con-causa dello switch tra quando io e mia sorella eravamo amici a quando siamo diventate nemiche.
Forse quando Silvia ha dormito con mamma ha iniziato a dimenticarsi di me. Forse.
Ritornando a Paolo nonna doveva essere in balcone e quando io chiesi a Paolo quanto ce l'aveva grosso lui, vedendo mia nonna nel balcone, doveva avermi chiesto, ma non ci vede ?
Perché abbia trasferito questo ricordo da Paolo VI a Paolo settimo rimane un mistero della mia mente (Antonellaaaaa).
Si è trattato di una forma di sostituzione e compensazione.
Quello he avrei voluto fare con mio cugino sono riuscito a farlo con Paolo settimo.
E' proprio vero che il ricordo serve a ri-raccontarci le cose che ci sono capitate e che non è quasi mai una mera registrazione di quanto davvero accaduto.
Stasera ho imparato qualcosa di nuovo.
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