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Mamma, li turchi!


Una sera di tanti anni fa, quando mia madre era ancora viva, sto parlando del mio pleistocene, a una delle mie feste di compleanno, gaie e spensierate, parteciparono anche i miei amici Patrick e Paolo, non quello dei baci sul pisello, non il mio ex, che era già un ricordo sbiadito, non Paolino che usciva con Guendalino, che ancora non conoscevo, né tantomeno Paolo Flusso che ancora non era nemmeno nato, Paolo che si fidanzerà con Elio, l'amico di Giancarlo,  ma che per il momento stava ancora con Patrick. Patrick o Paolo erano venuti in visita da Bruxelles.

Potrei dirvi che erano venuti in visita per me e in effetti era proprio così.
Nel programmare il loro viaggio in Italia avevano fatto in modo di stare a Roma per il mio compleanno.
All'epoca venivano in Italia almeno un paio di volte all'anno ed una era sempre di Maggio. Quell'anno tornarono anche a Settembre offrendomi un piccolo break a Perugia durante la malattia di mamma. 

Patrick e Paolo erano venuti indossando due cappelli di creazione di una loro amica, Anya, che vendevano al loro negozio di Bruxelles, Uilalla, sì proprio come il titolo dell'album di Mina.
Erano cappelli di design nel senso che non servivano a coprire il capo per tenerlo caldo ma ad adornarlo. 
Due corpi cilindrici di materiale plastico con delle applicazioni in pietra (dei cappelli splendidi, ne ho avuto uno anche io...) che potevano ricordare il fez.

Un cappello che, dunque, non si tolsero entrati in casa, ma che tennero per tutta la sera, anche quando andarono a salutare mia madre, che, sebbene non ancora malata era  già provata nel corpo e nella mente (si sarebbe ricoverata quell'Agosto) e che, non sentendosi bene, aveva preferito rimanere a letto e non farsi vedere alla festa. Paolo e Patrick avevano voluto salutarla e mamma era contenta lo avessero fatto.

Arguta e ironica come sempre, nell'adocchiare i due cappelli, mia madre aveva ribattezzato Patrick e Paolo i turchi nomignolo che apprezzammo tutti alla festa, adottandolo ufficialmente come loro  soprannome.
I turch... ehm Paolo e Patrick furono gli ultimi ad andare via. 
Mia sorella, che era uscita con gli amici, rientrò molto tardi, quando erano andati via tutti, anche i turchi  e io stavo risistemando la stanza dove avevamo festeggiato.

Senza quasi salutare, senza pensare di darmi una mano, perché avrebbe dovuto? (solo nei film succede che entri nella stanza, fai due chiacchiere con tuo fratello, ti informi sulla festa, raccogli due bicchieri poi saluti e vai in camera tua), mia sorella va subito in camera di mamma, che era anche la sua. 

Ne ritorna dopo pochi istanti, preoccupata e interdetta, chiedendomi, pallida, se ho notato qualcosa di strano in mamma col tono definitivo di chi sta ai controlli di una centrale nucleare.

Io, senza smettere di raccogliere bicchieri di plastica da dietro il televisore, le rispondo, la voce distorta per la posizione, No, perché?

Mia sorella, seria e ieratica come una eremita sulla colonna, spiega: perché mi ha appena chiesto se i turchi sono andati via...

Scoppiando a ridere la rassicuro subito, spiegandole che i turchi erano Patrick e Paolo  e che può  rispondere a mamma che sì, sono andati via.

Mia sorella non ci trova niente da ridere. Solo molto dopo, quando a mamma verrà diagnosticato l'aids conclamato, mi confesserà di avere assistito a diversi episodi in cui mamma si riferiva a eventi e persone di 20 anni prima. Come se fosse tornata giovane, mi disse.

Non le ho mai chiesto perché non mi abbia evinto su quegli episodi. Pensai che era un suo modo per mantenere un vantaggio su mamma, essendo l'unica a conoscenza di certi eventi.
La conoscenza è potere, se io non so non ho potere.

Una delle cose che ho apprezzato di più di mia madre, l'ho già detto, è il senso di ironia e di autoironia che mi ha trasmessi e che ha mantenuto anche quando, avvicinandosi la fine dei suoi giorni, con una settimana d'anticipo rispetto la sua morte, le mie zie decisero di chiamare il prete per l'estrema unzione e mamma, appena lo vede, sgrana gli occhi e gli punta in viso un bel paio di corna.

Così quella volta che mia sorella mi disse che era andata a trovare mamma, che però non era una simpatica vecchietta all'ospizio, ma una ex 54enne in bara già da diversi anni, e io le chiesi, faceto, ah sì e come sta? ne stavo celebrando lo spirito, facendo una battuta arguta quando meno te l'aspetti, per épater la bourgeoisie, e le persone che si prendono troppo sul serio, come mia sorella.

In quel momento, mentre mia sorella sbarellava alla mia battuta, io ero molto più vicino a mia madre di quanto non pretendeva lei che era andata a visitarne le spoglie.

Quasi quasi mi sa che devo ringraziarla, mia sorella, per avermi mostrato quanto la mia vicinanza a mamma si basi su un legame di spirito, etico, estetico e ironico, che mia sorella non si sogna nemmeno. 



già pubblicato, in una versione differente su paesaninland nel 2013

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