Le estati in città
Mamma mi aveva comperato una camicia col colletto alla coreana, nera, a maniche corte color giallo canarino, con sulle spalle la scritta Summer in the City che campeggiava anch'essa gialla su nero, sbilenca e coi caratteri ad altezza variabile.
Era l'estate del 1985.
Mamma era ancora convalescente dall'operazione al cuore e già si preparava ad andare al mare anche per curare le cicatrici sulle gambe fatte per un'emergenza durante l'intervento chirurgico.
Quella camicia illustrerà le mie estati fino al 1990, quando la sua malattia non mi permetterà di viverla, facendomela saltare piè pari.
Nel 1985 ignaro del futuro come chiunque altro, chiunque altra, ricordo che al primo cambio di stagione verso maggio, non mi capacito ma nei pantaloni leggeri dell'estate precedente ci sguazzo come non mai.
Avevo perso almeno 15 cm di punto vita. Non ho mai capito il perché.
Posso solo supporre sia stato lo stress del periodo in cui mamma era in ospedale...
Non lo saprò mai per certo.
Quel dimagrimento mi aprirà la strada ai pantaloni dell'armadio di Mariù. Beh qualche paio me lo comprerò, anche.
Quell'estate mi avevano dato solamente due materie, disegno e inglese.
Io mi aspettavo anche matematica e latino che invece mi eran state abbonate. Penso ci fosse lo zampino di Silvio, il mio prof di filosofia.
Così l'estate del 1985 fu per me una passeggiata.
Facevo il secondo quarto, l'anno prima ero stato bocciato a settembre.
Così quell'estate decisi di passarmela in città come profetizzava la mia t-shirt da mamma regalata, da solo, a casa, che già sapevo come gestire, mentre mamma e Silvia se ne stavano a Nettuno a una casa al mare dove c'era una stanza anche per me.
Ci andai una volta sola.
Quell'estate avevo conosciuto Marco, un ex compagno di scuola della mia amica Sibilla, il primo ragazzo gay dichiarato che avessi incontrato, oltre me.
Pur avendo fatto coming out a scuola non mi era mai capitato di frequentare altri ragazzi gay. E, come sapete bene se mi avete già letto, fino ad allora tutto il mio sesso avveniva con ragazzi etero.
Marco era un ragazzone alto, dinoccolato, due grandi spalle da nuotatore, bello di quella bellezza che dà la gioventù.
Io gli preferivo di gran lunga il suo amico Luca, che invece era proprio il mio tipo, scuro di carnagione, capello riccio e corto, bassino (chissà perché ma ho sempre avuto un debole per i ragazzi di bassa statura) abbronzatissimo, di quella bellezza estrema che però si sciupa appena si comincia a invecchiare, e si sa, si invecchia sempre troppo presto. Lo constaterò in appena una una decina di anni quando lo rincontrerò a uno dei primi Pride di Roma, nel 1994.
Marco invece è invecchiato meravigliosamente bene. Praticamente uguale ad allora.
Così inizio ad uscire con Luca.
E' lui a portarmi la prima volta all'Alibi.
E' lui a farmi sentire l'album Identikit di Milva.
E' lui a darmi i primi timidi consigli su come vestirmi.
Su come approcciare i ragazzi gay, cosa che si rivelerà ben più complicata di tutti ragazzi etero con cui ero stato.
Io mi invaghisco di Luca, non perché voglia fami una storia con lui, o andarci a letto.
Me ne invaghisco come ci si invaghisce della prima ragazza, del primo ragazzo, con cui si esce a 14 anni.
Io ne avevo 20 e Luca era il primo ragazzo gay, niente affatto effeminato, che guida già l'automobile, veste divinamente e mi dà tanti consigli.
Un fratello maggiore, anche se questo per me non pone certi confini.
Sono sicuro che, avessi avuto un fratello più grande, ci avrei scopato, almeno una volta.
Mi invaghisco di Luca perché lui è il gay che vorrei essere, bello, giovane, magro, libero, sicuro di sé. Anche io sono stato tutte quelle cose, ma mai insieme.
All'epoca ero magro e bello, ma non lo sapevo. Anzi mi consideravo alquanto brutto.
Quando dissi a Mariù del mio invaghimento per Luca mi chiese subito se ci avevo scopato. Io le dissi di no e lei mi rispose, delusa, ah da come ne parlavi credevo... Allora credetti di essere infantile e immaturo, io che stavo lì a gingillarmi con sentimenti liquidi e indistinti e lei che pensava al concreto.
Oggi posso dire che forse Mariù non mi conosceva abbastanza e mi aveva involontariamente tarpato le ali.
Senno di poi.
Marco faceva il servizio militare, da sottufficiale.
Così quando uscivamo insieme Luca lo riaccompagnava spesso alla caserma di Cecchignola.
Una sera di luglio avevamo cenato da me - il menù era quello solito che sceglievo per fare colpo: tagliolini panna e limone, petti di pollo impanati al limone accompagnati da una bottiglia di Mateus Rosè (ne comperavo casse da sei che lasciavo vicino all'ingresso, dal vinaio di fronte casa, che mi faceva il prezzo buono).
Eravamo un po' brilli e non ci accorgiamo dell'orario. Marco rischia di fare tardi al rientro. Non una buona cosa.
Così con Luca corriamo in macchina per riaccompagnarlo in tempo.
Di nuovo da me, visto che è appena mezzanotte, invito Luca a risalire a casa per il bicchiere della staffa.
Luca smania, dice di avere caldo, beve il Mateus, mi abbraccia, si tocca, mi dice uuuh che voglia di cazzo che ho Alessà, parole sue.
Io rimango impassibile, nemmeno troppo arrapato. Interpreto i gesti di Luca come le confidenze di un amico. Che Luca è pronto a fare sesso non mi sfiora neanche l'anticamera del cervello.
Quando Luca vede che non ne approfitto mi dice, Va beh. Sei una persona onesta Ale, poi mi abbraccia, mi bacia e se ne va.
Io sono già solo e non capisco cosa sia davvero successo.
Poi realizzo che la sua voglia di cazzo avrei dovuto soddisfargliela io visto che ero l'unico cazzo nei paraggi. Mi sento umiliato non certo perché non ne ho approfittato. Anzi.
Allora pensai che se Luca si accontentava era perché ero brutto e normalmente non gli sarei piaciuto.
Ora so che invece si trattava di quell'obbligo patriarcale tra cazzi.
Quando due cazzi non si respingono allora devono per forza attrarsi. Belle o brutte se le inculamo tutte. Non è una questione se sono bello o brutto.
La questione è se sono disponibile. E io non lo ero stato.
Allora non è poi così facile scopare con tuo fratello.
All'epoca considerai questo uno dei mie canotti persi, uno dei tanti...
Adesso invece capisco che con Luca non volevo fare del sesso solo perché si era creata l'occasione. Quella era stata la mia onestà.
Luca ci deve essere rimasto male, perché non mi cercherà più.
O forse fui io a sottrarmi, troppo deluso per rivederlo.
Oggi non importa più.
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