La morte karmica
La mia psy mi ha fatto notare le morti che hanno costellato la mia storia familiare.
Mia nonna, mio padre, mia madre.
Un karma atipico, un karma di morti precoci, con un tempismo altro.
Un karma al quale sento di aderire perfettamente.
C'è nostalgia per la morte di Zia Clara, tanto dispiacere per la morte di mia madre a 54 anni. Potrebbe ancora essere viva.
Ma al di là del profondo incontenibile sentimento di mancanza e nostalgia non sono arrabbiato, non mi sento vittima di ingiustizia, non credo che la mia storia, la mia vita mi abbiano trattato duramente, senza riguardo, che la vita si sia incaponita contro di me.
Accetto qualunque cosa dalla mia vita, nel bene e nel male.
Non è una scelta.
Mi viene spontaneo farlo, come è spontaneo per me amare i ragazzi.
E proprio come mi riscopro omosessuale ogni volta che mi piace un nuovo ragazzo, come fosse la prima volta, lo stesso vale per il mio karma.
Fossi qualcun altro, qualcun'altra, potrei dispiacermi, potrei lamentarmi, potrei dire guardate quante me ne sono capitate ma non fa parte di me.
D'altronde perché mai dovrei dispiacermi che mi piacciono i ragazzi? Io me ne commuovo ancora oggi.
E allora perché dovrei dispiaceri della mia vita?
La mia vita è quel che è mi va ben così com'è.
Non c'è nulla di sbagliato, nulla di troppo o di troppo poco.
E' quella che è perché nella vita, mia, come in quella di chicchessia, non c'è nessuna intenzionalità. Nessuna causa.
Nessuna colpa, nessuna punizione.
Nessun merito.
C'è solo storia e la storia non te la spieghi, la storia te la ricordi perché l'hai vissuta.
Puoi cercare di capirla meglio, di sistematizzala, di conoscerla, puoi trasformare la storia elenco di eventi in storia racconto.
Ma anche così facendo che senso ha lamentarsene?
Cosa mi cambierebbe concretamente, qui e adesso, se odiassi il mondo perché mi ha tolto mamma a 25 anni?
O, peggio, se invidiassi chi alla mia età ha ancora i genitori?
Io amo la mia vita per come è.
Per quello che mi ha dato.
Per quello che mi ha tolto.
L'amicizia con Frances, la storia d'amore con Daniele, l'amore che mi ha dato la sua famiglia.
La gioia nel dolore e il dolore nella gioia.
Ho detto alla mia psi che se scrivo queste note è per cercare dei testimoni.
Perché qualcuno, qualcuna, mi dica che ciò che ho vissuto è reale.
In realtà sono io quel testimone.
E' a me stesso che racconto la mia storia, per celebrare il mio passato.
Per raccontarmi della bella vita che ho avuto. Della bella vita che ho.
Mi è sempre sembrata egotistica l'autocelebrazione.
Ma non mi sto vantando dei cazzi presi, dei soldi spesi, dei viaggi fatti.
Mi sto dicendo che mi prendo tutto della mia vita, le riconosco tutto, non c'è nessuna parte che non voglio, che voglio nascondere, che vorrei rispedire al mittente (che non esiste).
Mi sto dando il tempo, e la forza, di dirmi questa è la vita, la vita che ho, guardatela pure non la nasconderò.
Sono profondamente d'accordo con tutto quello che mi è successo.
Brusati diceva che l'unica cosa bella della vecchiaia è che a un certo punto non c'è più nessuno che deve morire perché sono giù morti tutti e il prossimo sei tu.
Forse è anche per questo che mi circondo di persone giovani che possano sopravvivermi.
Tanto se mia madre non fosse morta a 54 anni e fosse ancora viva, potrebbe, avrebbe 83 anni, dovrebbe morire adesso e sarebbe comunque un dolore.
Credo che per essere davvero liberi nella vita bisogna accettare le cose che ci sono accadute, abbracciarle e andare oltre.
Non so se è questo quello che Antonella intende con il karma, so solo che questo karma mi sta a pelle perché è la mia pelle.
Chissà quanti altri canotti perderò.
Ma chissà anche quante altre coincidenze pazzesche ci saranno nella mia vita, oltre quelle che ho già collezionato, quelle che dici si vabbeh questo succede solamente nei film.
Invece mi è successo davvero.
Piccole cose e grandi cose.
Il karma, per come lo intendo io non ce lo meritiamo, non dipende da quello che facciamo o non facciamo.
E' esattamente il contrario.
Il karma è puro arbitrio del caso.
Perché noi siamo forme di vita organiche per puro caso.
Nessun dio, nessuna dea, nessun'altra vita, prima o dopo.
La bellezza dei momenti per i quali vale la pena chiedere agli attimi di fermarsi sono proprio quelli in cui la casualità sempre avere la parvenza di un significato.
Quando diciamo che nulla accade per caso.
Invece tutto accade per caso e il bello è proprio quando per caso, guardando indietro alla nostra storia, troviamo dei significati, delle strutture delle forme che naturalmente non sono nelle cose ma sono in noi.
Tante epifanie, piccole e grandi, che ci emozionano e fanno mancare il respiro.
Almeno per me è così.
Mentre mi laureavo in Storia e Critica del Cinema con Aristarco e il nostro professore ci chiedeva delle competenze scientifiche io le avevo già perché le avevo coltivate al Liceo con Andrea, quando pensavo di diventare astrofisico.
Mai avrei immaginato che quegli studi abbandonati mi sarebbero tornati indispensabili per studiare cinema.
Quando ho scoperto che il mio passato mi serviva per il presente la mia vita ha avuto per la prima volta una sua coerenza.
Una coerenza che era tale solamente a posteriori ma che comunque mi sembrava tangibile, concreta, spendibile.
La prima volta che ho visto Daniele, nella scuola dove insegnavo, al concerto di fine anno scolastico, lui così giovane e bello, mi sono immaginato una vita insieme, e mi sono detto, solo nei sogni Ale.
Due anni dopo me lo ritrovavo in classe, e finite le lezioni, Daniele mi invitava ad uscire per chiedermi di mettermi con lui.
Fidanzati in casa, con sua madre che ci portava la colazione a letto.
Sono stato accolto a braccia aperte da tutta la sua famiglia come la mia di famiglia non ha mai fatto. Come mia sorella non ha mai fatto.
E mentre io trascorrevo i capodanni e i natali coi suoceri e Daniele, e mia sorella mi diceva che non era normale, che pensa che palle, che alla mia età dovevo andarmi a divertire, quella merda che mia sorella mi gettava addosso era solo invidia.
Non perché io avevo qualcosa che lei non aveva, ma perché a me piaceva la vita che avevo mentre a lei la sua evidentemente no.
Non conta il mancato riconoscimento della legittimità di quello che facevo da parte di mia sorella, di mia madre o di qualunque altra persona, come la mia amica Anna, che era stranamente allineata con mia sorella, tanto da farmi venire qualche dubbio.
Sì, sono ingenua, credo a tutto quello che mi dicono, e questo a volte non mi ha fatto apprezzare quel che ho avuto.
Mi ha fatto dubitare che quel che avevo non fosse vero, o non fosse legittimo.
Ma accetto anche questo.
Perché Daniele l'ho avuto.
Conta quello che ho fatto, i natali trascorsi coi suoceri, le passeggiate in montagna, i commenti schietti e franchi alla bellezza del padre di Daniele da giovane mentre sfogliavo gli album di famiglia (ammazza Gino quanto eri sorco a vent'anni).
E' tutto mio, è stato e nessuno, nessuna, me lo toglierà mai, non importa quante volte mia sorella abbia detto pensa che palle.
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