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Il terminatore della madre


Da un po' di post mia madre è improvvisamente scomparsa.

Non sto parlando di quelli dopo la sua morte, nei quali, anche quando non faccio menzione di lei direttamente,  ricordatevelo bene, incombe come un'assenza fantasmatica.

Sto parlando di quelli che si riferiscono agli anni che vanno dal 1985 al 1990, gli ultimi 5 anni della sua vita, che coincidono con quelli della mia rinascita, quando amici amori e amiche mi hanno dimostrato che non ero quell'inetto borzo incapace che mia madre aveva preconizzato.

La nostalgia che provo per gli anni 1985-1990 è quella di una verginità conquistata, di una prima vera uscita dall'utero, di un taglio dal cordone ombelicale che non ha avuto precedenti né bis.

Frances, Mariù, Patrick, Pasquale, i primi amori e le prime scopate, il coming out, le discoteche gay, gli e le omosessuali con cui parlerò da pari, sono tutte esperienze fatte nonostante mia madre.

In quegli anni di cambiamento mia madre non era presente perchè era estranea a quelle esperienze. E non poteva che sparare le sue ultime cartucce per cercare di mantenermi borzo convinto come mi ci aveva mantenuto fino ad allora.

La lite per il gilet da femmina, l'allusione terribile all'hiv per tutelare mia sorella (ma chi! Quella stronza?) erano un bombardamento coventrizzante che non mi aveva nemmeno scalfito.
La meschinità di mia madre era così evidente da disinnescare tutto il resto.
Non importa più come mia madre agisce perché comincia una disperata retrocessione proprio quando cerca di fare il punto. Sono io ad avanzare spingendola indietro nonostante le cerchi di rimanere ferma.

Perciò non crediate questo blog mi sia sfuggito di mano e invece di parlare di me e mia madre io abbia iniziato a parlarvi delle mie esperienze di fuori.

Anche quando sono stati liberati dai campi di concentramento gli internati e le internate parlano sempre dei loro carcerieri, è la loro sopravvivenza a farlo, a denunciarne l'operato che non ha avuto successo.

Il paragone non vi paia irriverente.

Gli omosessuali che sono stati liberati dai campi di concentramento, quelli del triangolo rosa, non hanno ottenuto né scuse ufficiali né risarcimenti di alcun genere, sono anzi dovuti tornare a nascondersi, perché in Germania, più in quella dell'ovest, capitalista, che in quella dell'est comunista, l'omosessualità era ancora un reato e si andava in galera.
Per cui zitti mosca se no si torna dentro.

Per cui, capirete, le mie vessazioni graffiano una pelle collettiva la cui storia parte dai triangoli rosa, passa attraverso Pasolini morto ammazzato e arriva a mia madre.

Stessa pelle.

Certo a me è bastato uscire dalle mura di casa per liberarmi, agli internati dal triangolo rosa non bastava uscire da questo mondo.

Di questa discriminazione cieca e necrotica a me sono arrivate le ultime eco, le ultime radiazioni della bomba atomica che ha concluso la seconda guerra mondiale uccidendo chi su quella guerra non aveva avuto nemmeno la possibilità di esprimersi.

A  mia sorella è andata molto meglio che a mia madre, la nemesi su di lei ha progetti che io non riesco a vedere. Oppure vedo fin troppo bene.

Una cosa posso dire.
Se devo ringraziare chi mi ha aiutato in modi diversi e con risultati diversi so di non dover dire grazie a mia sorella che non mi ha mai aiutato moralmente né tanto meno materialmente.

E grazie a dea è stato così. Altrimenti me lo starebbe ancora rinfacciando (lei che mi rifaccia inesistenti mantenimenti quando abitavamo insieme) ne starei ancora pagando, salatissimi, gli interessi.

Perciò non pensiate che mia madre sia sparita.

Abbiamo solamente attraversato il terminatore materno.

Non è più giorno, è notte, la notte che precede l'alba della mia vera nascita.

E nella notte, mamma, che non è ancora morta, si vede di meno ma è sempre lì, in agguato.

GNAM!





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