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Il pacco di Robin Hood





Luca non mi piaceva molto.
Troppo scrocchiazzeppi, troppi bambino, troppe risatine da creatura.
Meglio il suo amico del cuore e compagno di banco Dario, altro maschietto coi capelli ramati a caschetto, serio, con due occhi di quelli che ti leggono dentro e che a me tenevano sempre a distanza.

Dario era uno di quei ragazzini che da adulto sarebbe diventato un etero indifferente, di quelli che non hanno paura che possa piacergli e che sono inespugnabili nella loro volontà.

Una sera di Carnevale, sarà stato il 1974,  avevamo  più o meno nove anni tutti e due, io e Luca ci incontriamo ai giardinetti, entrambi in costume.

Io ero vestito con uno sfigatissimo costume di Zorro, lui con uno di Robin Hood. Una calzamaglia aderente e marrò che evidenziava il suo corpo magro e il pacco, vieppiù.

Si fa presto buio e i giardinetti si spopolano di ragazzini. Restiamo io e lui. Non so come ci ritroviamo soli. Forse il genitorume era nelle vicinanze. Non rammento.

Io riesco a convincerlo a lasciare i giardinetti e andare a casa mia. Tanto è buio, altri ragazzini non ce ne sono.
Avvisiamo il genitorume? Evidentemente, ma non ne ho memoria.

Siamo in camera da pranzo adesso. Entrambi in piedi. A illuminare la stanza la lampada della signora in giallo che dà una luce calda e molta penombra.

Io vorrei trovare un modo per toccarlo, ma non so come fare.
Non mi viene in mente di chiederglielo.
Da bambino pensavo che dovessi nascondere le mie vere intenzioni.
Non era una precauzione da frocetto che deve essere sempre pronto a dissimulare.

Ero proprio in difficoltà a affermare i miei desiderata.

O forse no.

Insomma sono lì, con questo bambino coetaneo buono come un animaletto, tenero e pronto a seguire le mie direttive, e io non trovo modo per introdurre l'argomento corpo, pacco, pisello e affini.

Dopo secondi che mi paiono ore interminabili non trovo niente di meglio che afferrargli la picciolla tramite la calzamaglia, così, all'improvviso.
Senza preavviso.
Ho una presa strategica, mi assesto subito sul piccolo glande che, da moscio, riesco a schiacciare giocando col prepuzio, sempre attraverso la calzamaglia.

Un movimento masturbatorio senza saperlo. E' la fisiologia baby.

Luca inizia a ridere, degli hihihi divertiti che sembrano dire "stupidino non sai che non si tocca il pisello degli altri bambini? Solo il tuo puoi toccare" mentre io non mollo la presa.
Io son lì, serissimo, mentre lui ride e io tocco, sembriamo il padrone della canzone di Dalla.

Quella presa mi stanca subito. D'altronde Luca non sospetta la malizia con cui lo tocco. Per lui è un gioco innocente.
E come ogni classico gioco, che è bello se dura poco, mollo presto la presa.
Luca non si aspetta altro e io sono a corto di idee.

Luca mi dice ora è meglio che vado  e se ne torna a casa. Io resto in camera da pranzo con i miei desideri insoddisfatti.
Chissà se Luca avrà detto alla madre che l'ho toccato.

Non ricapiterà più.


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