Galeotto Ciciliano
Novembre 1979. Ero riuscito, non so come, a ottenere il permesso di andare da solo, con Andrea, alla casa che mamma aveva preso in affitto a Ciciliano, un paesino a 40 km da Roma, tra Tivoli e Castel Madama, prima per l'estate e poi per tutto l'anno.
Io e Andrea eravamo partiti il Sabato pomeriggio e saremmo rientrati la Domenica sera.
Appena arrivati al paese, dopo un'ora di viaggio in pullman, prendemmo possesso della casa, sviluppata su due piani, una stanza per piano, al secondo piano un microscopico bagno aggettante, aggiunto dal proprietario, una scala ripidissima esterna per raggiungere il primo piano, un'altra interna, meno ripida, per raggiungere il secondo.
Una volta posate e disfatte le nostre borse, aeriamo le stanze e andiamo a fare la spesa. Compriamo il necessario per farci una cenetta sobria, pasta al sugo e i sofficini, di cui ero goloso, insalata mista, coca cola, gelato, pane, pomodori tonno e mozzarella per il giorno dopo.
Avrei cucinato io perché Andrea non aveva mai messo mano ai fornelli.
Io invece sperimentavo per mia curiosità e nonna, che ci preparava i pasti, non me lo aveva impedito.
Appena finito di mettere a posto la spesa sono pronto ad affrontare l'argomento sesso con Andrea.
E' per quello che ho organizzato quella gita.
Io e Andrea ci vogliamo bene, lo sento, lo vedo, lo so.
Ma l'argomento sesso non è mai uscito fuori, Andrea non ne parla proprio mai, in generale, non parla di ragazzi e nemmeno di ragazze, come fosse un eunuco (oggi si direbbe asessuale).
Devo capire.
Non ricordo come introdussi l'argomento.
Credo partii dalla masturbazione.
Sicuramente non gli chiesi Ma tu spermi? come aveva fatto con me alle medie, cioè l'anno prima, l'altro Andrea.
Gli dico che sarei curioso di sperimentare qualcosa con lui.
Andrea se ne preoccupa come se gli avessi chiesto di far decollare un aereo rubato dalla pista dell'aeroporto.
Che ne sappiamo di decolli?
Io non voglio dirgli che sono già due anni che faccio sesso con Graziano e Marco, intanto perché non voglio farlo sentire l'unico inesperto.
E poi perché con Andrea voglio fare l'amore e non del sesso e per quello sono vergine anch'io come lui.
Andrea arrossisce e non sa rispondere.
Per favorire la decisione propongo uno scrutinio. Scriviamo su un pezzo di carta se vogliamo sperimentare oppure no.
La prima votazione vede un mio sì e un suo no.
Alla seconda votazione, risponde di sì anche lui.
Decidiamo di farlo dopo cena, alle dieci di sera.
Noi che avevamo una fantasia spiccata nel fare battute e nel coniare parole, cerchiamo un verbo per descrivere quello che faremo.
E' anche un modo per distanziarcene. Non è sesso, è quella cosa lì con un altro nome.
Ma quale nome?
Dopo vari tentativi infruttuosi con un riferimento esplicito al sesso, ragioniamo intorno all'ora in cui abbiamo deciso di farlo. Le dieci.
Ma in italiano non rende. Deciare, dieciare, no, non ha senso...
E l'inglese?, dico io. Tenare?
Andrea si illumina in viso e poi mi risponde Tentare.
Alle dieci tentiamo.
Che non significa proviamo significa l'esatto opposto. Significa che lo facciamo. Mentre laviamo i piatti non proferiamo parola, sapendo che alle dieci lo faremo.
Quando arrivano le dieci siamo ancora più nervosi. E anche super eccitati. I nostri slip rigonfi non lasciano dubbi.
E' lui ad approcciarsi per primo e mi sorprendo di tanta audacia. Però una volta lì Andrea cincischia senza sapere cosa fare.
Senza dire niente inizio a darmi da fare col suo e allora lui capisce cosa deve fare col mio.
Senza chiedere, gli mostro cosa vorrei che lui facesse a me facendolo io a lui.
Andrea è imbarazzato, ma sorride tutto il tempo, è tenero, tranquillo, timido, super-eccitato e deve vergognarsi tremendamente nel tradire che la cosa gli sta piacendo.
Ma stiamo solo tentando no?
Poi è lui che propone di fare un salto di qualità e mi chiede all'improvviso, perché non proviamo la sodomia?
Usa proprio quella parola, che mi sorprende, per me ha un registro troppo alto, medico o letterario. Penso ai sodomiti di Dante...
Che c'entriamo noi con Dante?!?
Senza lasciarmi tempo per decidere ruoli e posizioni, Andrea già si gira e si china, poggiandosi sul letto a castello vicino al quale stiamo tentando. Ormai spudorato mi incita, dai.
Sono dentro al primo tentativo.
Andrea non geme, ma quando parla lo fa con una voce rauca che non gli riconosco.
Poi si solleva un po' troppo ed io esco con la stessa facilità con cui sono rientrato.
E' la mia prima volta da insertivo.
Con Graziano e Marco ci siamo limitati a strusciate sulla zona perianale.
Questo Andrea intraprendente e privo di vincoli un po' mi delude. Sarà anche timido ma non è affatto imbranato. E improvvisamente non sono più io a condurre il gioco, come ho sempre fatto con Marco e Graziano.
Poi siamo già sulla soglia del bagno, troppo eccitati per trattenere ancora l'orgasmo.
Io vorrei bere il suo, ma evito, perché temo il suo giudizio. Così mi limito a mettere una mano davanti al suo schizzo.
Poi, dopo essere venuto a mia volta, abbracciati e soddisfatti, finalmente a letto, quello dei grandi, gli chiedo come sta e mi dice bene.
Io gli racconto di Graziano e di Marco e quando gli confesso che mi sarebbe piaciuto assaggiare il suo orgasmo Andrea è di nuovo pronto e mi dice che se voglio posso provare. Dopo però provo anche io mi dice con quel sorriso che amo.
Nella nostra furia classificatoria io e Andrea ci inventeremo una serie di numeri ai quali corrispondevano diverse pratiche sessuali.
Una scala del sesso, dalle cose più semplici a quelle per noi più spinte. La graduatoria non è quella che potete immaginare.
Ce ne furono diverse a dire la verità, alcune su basi ternarie, altre quinarie. Scale diverse per pratiche diverse. Finché adottammo una scala unica su base 10 che era una somma di sovrapposizioni.
Ogni numero era un grado.
Al grado zero c'era la tastata di pacco.
Il numero uno era tirarlo fuori, il due e tre, che non riempimmo mai nella scala a base dieci, corrispondevano al prenderlo in mano e allo scappellarlo, che avevamo usato solamente nella base ternaria, derivata a sua volta dalla triade arlo-carlo-ciarlo tirarlo (fuori), toccarlo, ciucciarlo.
Il grado quattro rimase sempre vacante.
Al grado cinque c'era la penetrazione, che per noi era meno intima del rapporto orale al quale avevamo dedicato ben tre numeri, il 6, il 7 e l'8.
Grado 6 era un bocchino (la parola pompa ci era sconosciuta all'epoca) se c'era eiaculazione in ore era grado 7 se c'era bevuta grado 8.
Anche il nove era un grado rimasto vacante.
Il grado dieci, l'ultimo, il più spinto, era il bacio che, evidentemente, per noi era la cosa più intima.
Non ci arrivammo subito ai baci, ma quando li scoprimmo non li abbandonammo più.
Ci sono due canzoni di Mina che si riferiscono a noi.
La prima è Tentiamo ancora? dall'album Frutta e verdura, che scoprirò più di un anno dopo, che rimarcava la nostra ingordigia di adolescenti quindicenni, la seconda è una frase di Ta-ra-ta-ta (Fumo blu) che recita ...e un bacio vale dieci dato da te.
Come a dire il mondo ci conosce e approva.
Tornammo spesso a Ciciliano nell'arco dei due anni della nostra storia, mai d'estate, solamente d'autunno e d'inverno.
La scusa era l'osservazione del cielo, ed era talmente inoppugnabile, che il genitorume di entrambi non aveva avuto nulla da ridire.
Dopo l'incidente col frenulo Andrea volle riprovare a fare l'insertivo e le grandi manovre le facemmo a Ciciliano.
Andrea ara piuttosto largo e io stringevo troppo per paura e perché, in fondo, la penetrazione non mi interessava, la trovavo meccanica, poco sessuale; fare il ricettivo mi dava sempre la sensazione di dover fare la cacca e per me la cacca era la cosa più lontana che potesse esserci dal sesso.
Una sera eravamo lì, affaccendati sul letto matrimoniale, tira, metti, apri, allarga, spingi, ESCI! mentre fuori diluviava, quando un tuono bipatente ci colpì, con un effetto stereo sorprendente.
Prima a sinistra, verso il vicolo, poi a destra, verso il panorama del paese.
Andrea riusciva ad entrare proprio in quel momento.
E poi, diciamocelo, concludere con la penetrazione anale per me era uno spreco di fluidi.
Io e Andrea dormivamo insieme solamente in quelle occasioni, a Roma mai, nemmeno alla sua casa di campagna, dove dormivamo nella stessa stanza ma in due letti singoli.
Quando dormivano uno nelle braccia dell'altro era sempre un tornare a casa.
Quando Andrea mi lascerà, nel 1982, chiedendo un trasferimento di sezione, mi dirà che tutto quello che aveva fatto con me per lui era stata una amplificazione della masturbazione.
Una bugia infame, alla quale credetti e che travolse il nostro mondo.
La vita vuota di Mina, dall'album Italiana, descrive esattamente lo stato d'animo con cui passai il primo autunno senza di lui, lo stato d'animo dopo che l'amore finisce per la prima volta.
La vita vuota è una città
quando cammino tra la gente che non sa
che qualche cosa nella mente mia non va
le mani chiuse nelle tasche verso sera
nell'aria densa di pensieri
Che freddo fa
mi alzo il bavero
e mi stringo nel paltò
Entro in un bar
chiedendo il solito caffè
le scuse più banali le ho trovate già
potrei fermarmi anche a guardare le vetrine
ma son sicura non mi servirebbe poi granché
Sei tu
impercettibile emozione
sei tu
incomprensibile ragione
sei tu
è stata tutta un'illusione
ma non è possibile pensare
che non mi ami più
difficile da credere
ho solo da comprendere
che non ti avrò mai più
La vita vuota è una città
quando di notte giro gli occhi e non ci sei
e solo allora penso a quanto ti vorrei
a quante volte mi hai sorriso da lontano
a quante volte con il cuore
hai detto sì
non è bastato per averti ancora qui
potessi dirti tutto quello che non sai
o tutto quello che non hai capito mai
potessi almeno cancellarti questa sera
ma son sicura non mi servirebbe sai perché
sei tu
impercettibile emozione
sei tu
incomprensibile ragione
sei tu
è stata tutta un'illusione
ma non è possibile pensare
che non mi ami più
difficile da credere
ho solo da comprendere
che non ti avrò mai più
L'82 fu anche l'anno in cui morì nonna, per cui ne avevo di lutti da elaborare.
Lo feci chiudendomi in una solitudine pressoché totale, anestetizzandomi ad ogni desiderio, per rendere il dolore della mancanza di Andrea appena più sopportabile.
Mia madre mi aveva visto perso e aveva cercato di essere un po' più presente. Quel tanto che le avevo permesso. Ma avevo apprezzato.
Un anno dopo, una pomeriggio di tardo autunno, quando fa buio alle 16.00, si presenta senza preavviso. Mi dice che era uscito con la madre e aveva chiesto di fare una deviazione per darmi la cassetta audio che avevamo inciso pochi mesi prima di Ciciliano galeotta, nella quale avevamo collezionato battute, giochi di parole e storielle che ci facevano sempre ridere.
Andrea era raggiante, col solito sorriso che amavo e che mi era mancato da morire.
Mi disse che era molto contento di avere ritrovato la cassetta ed felice di darmela.
Che l'aveva ascoltata e si era ricordato di tante cose.
Poi mentre mi saluta, sulla porta di casa, diventa serio e mi dice, peccato che devo andare via altrimenti avrei tentato volentieri.
Poi mi abbraccia, mi bacia sul collo ed è già sulle scale.
Altro che amplificazione masturbatoria.
Andrea aveva avuto paura e se l'era data a gambe levate.
E per quanto mi mancasse da morire il nostro essere coppia per me non c'era niente da cui fuggire, nulla da nascondere. E se Andrea si sottraeva tanto valeva lasciarlo andare.
Andrea lo avevo perduto non perché non mi amava più, ma perché non sapeva viversi la sua storia d'amore con me alla luce del sole, davanti a tutti.
Di più definitivo di quando ti lasciano c'è solo la consapevolezza che lui non è mai stato quello che tu hai pensato che fosse.
E' più doloroso scoprire una persona diversa da quella che hai amato che essere lasciati dall'amato bene.
Per questo non ce lo diciamo mai, e ci consoliamo pensando di avere perso un grande amore.
Questa cosa non me la dissi però. Preferii pensare che ero io a essere cambiato.
E un po' è vero. Andrea si è portato via l'astrofisica.
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