Le boulot
Il lavoro poi lo avevo trovato. Nella sede nazionale di un'associazione di circoli di cinema.
Un giovane regista che avevo conosciuto al Festival cinema Giovani nel 1989, mi aveva detto che cercavano un segretario. Così avevo chiamato, ero andato a fare il colloquio ed ero stato assunto.
Ho preso servizio il 22 ottobre 1990. Quella sera stessa mia madre moriva.
Così sono disinvolto anche quando dico al capoufficio, il mio secondo giorno di lavoro, mentre indosso uno dei miei panciotti (ne ho una collezione) ah, mamma poi è morta. Dissi proprio così.
Al che lui mi fa, e che cazzo ci fai qua? Vai a casa! Almeno qui mi distraggo, gli rispondo. A casa non c'è molto da fare. Devo chiederle un permesso per domani che c'è il funerale però...
E lui, per tutta risposta, mi dice hai rotto il cazzo 'co sto lei. Chiamame Franco!
Non gli racconto che la sera prima ho dovuto discutere con Zia Liliana (ma quante cazzo di zie c'ha questo?!? Una cifra!) che non voleva andassi al lavoro.
Non si capisce bene per quale motivo, se non per il fatto che un figlio cui è appena morta la madre andare a lavoro non può.
Ma anche le vostre di famiglie sono così rompicoglioni?
Franco è un capufficio unico nel suo genere. Molto informale. Rideva e scherzava (me pari er piccolo scrivano fiorentino mi disse un giorno alludendo alla mia collezione di panciotti non li fanno più quelli come te) poi quando era ora di mettersi a lavorare passava per tutte le stanze suonando un campanaccio gridando la ricreazione è finita!. Allora fine degli scherzi fino alla fine dell'orario.
Franco aveva la battuta pronta per qualunque occasione.
Ci raccontò di come, negli anni 70, quando divideva la sede del suo cinecircolo con un gruppo di femministe, rispose allo splendido (splendido l'ho aggiunto io) slogan col dito col dito orgasmo garantito con il suo slogan cor cazzo cor cazzo è tutto un altro andazzo e poi era dovuto letteralmente scappare via perché quelle lo volevano giustamente menare.
Ero disinvolto anche quando mi mettevo a ridere invece di dirgli che la sua era stata una battuta fallocentrica e maschilista?
Testi e contesti. Bisogna saper distinguere e levarsi quella scopa che abbiamo su per il culo, altrimenti se la rivoluzione ci vede, se ne scappa.
Un'altra volta, ancora in ricreazione, mi ero lasciato prendere la mano e stavo improvvisando dei versi stupidi su Strangers In the Night (stringimi le pal, col fil di fero...) Franco spuntò dal nulla come un felino, guatando verso le mie parti base come chiedevo io nella canzone.
Franco mi aveva soprannominato er sorcio perchè sapevo intrufolarmi in qualsiasi pezzo di tecnologia. Che si trattasse di collegargli lo stereo in casa (dove aveva un vero inginocchiatoio dell'800) o di capire come si regolava il tracking ai tre videoregistratori dell'ufficio, di tre marche diverse, senza istruzioni (se sai come funziona il tracking non ci sono molte opzioni, basta provarle tutte) o di collegare i medesimi a un videoproiettore tributo antidiluviano, io riuscivo nei compiti assegnatimi con la facilità e la stessa soddisfazione di Montgomery Scott. (No Trekkies fra le mie e i miei reader?)
Cinque mesi dopo, nel marzo del 1991, Franco entra in ospedale per un controllo epatico. Morirà una settimana dopo, per una cirrosi terminale.
Non solo il lutto si stava accanendo con me ma aveva un tempismo spettacolare, degno della migliore sceneggiatura drammatica.
La morte di Franco, vista dall'esterno, fu un colpo di scena eccezionale.
Io ne dedussi che non dovevo affezionarmi alle persone altrimenti poi la morte me le portava via.
Se l'orgasmo è una piccola morte, superare un lutto è una piccola resuscitazione.
Ha a che fare col senso di colpa che si prova perché non siamo morti, morte, anche noi.
Io ero libero di quel senso di colpa, la mia sopravvivenza per me era una occasione.
La morte tocca a tutte noi, bitches, e il fatto che non fosse ancora il mio turno (e verosimilmente non lo sarebbe stato ancora per un bel po') mi dava un senso di libertà dalla morte stessa.
Ecco cosa provavo subito dopo la morte di mamma. Un'occasione.
Come se quegli uomini che avevano ucciso Pasolini avessero ucciso mia madre, ma non me.
Ne uscivo non scampato, ma autorizzato, esentato. Death free.
Ora capite perché sono in terapia, no?
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