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La stronza, la morta e Crisilde che deve morire "prima".



Nel frattempo conosco Ulrico al collettivo gaio universitario, che si chiamava O.R.O. Orientamento Ricerca sulle Omosessualità. Così potevamo dire di essere ...l'oro di roma.

Ulrico è il mio primo fidanzato sardo, ce ne saranno altri due, anche se meno ufficiali di lui, se non conto  il fratello di una delle due infermiere che vivevano al piano terra della casa di Monteverde, che veniva in visita due tre volte l'anno e mi piaceva da morire.

Io avevo 12 anni e lui 16 - 17.

Si era accorto della mia cotta e la cosa lo lusingava, almeno a giudicare dai sorrisi a 32 denti che mi faceva ogni volta che ci incontravamo.

Un paio di volte siamo anche usciti insieme, ma mai da soli.

Io poi iniziai a fare roba con Graziano e Marco, due vicini di casa, e lui venne surclassato: la concretezza purtroppo vince su ogni potenzialità non consumata. Che cosa triste...

La storia con Ulrico mi permise di sottrarmi da casa che mia sorella aveva mantenuto esattamente così com'era quando era in vita mamma. Persino i soprammobili.

Un mammausoleo  del quale non mi ero nemmeno reso conto dell'esistenza finché non me lo aveva fatto notare Paolo (quello fidanzato con l'amico di Giancarlo) che mi aveva suggerito di mettere una libreria in uno dei corridoi, visto che ormai in camera mia non c'entrava più uno spillo e non c'erano solo i libri, ma i dischi, le audiocassetta, i vhs, i poster...

Tanto per darvi un'idea della differenza tra la mia stanza e il resto del mammausoleo, in camera mia le luci principali erano due spot da 100 watt, uno di colore rosso e l'atro blu, mentre nel resto della casa c'erano lampadari improbabili con una luce da cimitero e in camera da pranzo campeggiava un lume finto antico che nemmeno la Signora in giallo...

La libreria portò un po' di colore in un corridoio altrimenti buio e angusto.

Dovetti invece lottare per delle settimane per aggiungere sul mobile dell'ingresso uno svuotatasche che avevo comperato al mercato: me lo ritrovavo puntualmente sulla scrivania, nella mia camera... Io puntualmente ce lo rimettevo e altrettanto puntualmente me lo ritrovavo sulla scrivania.
Gutta lapidem cavat  e alla fine lo svuotatasche era rimasto.

Il fine settimana lo passavo volentieri da Ulri, se non lavorava, e se non eravamo sotto esame.
La lontananza dalla casa mammausoleo mi faceva bene, me ne rendo davvero conto solo ora.

Più raramente stavamo da me, quando volevamo un po' di intimità  (casa sua era sempre molto affollata, Ulri viveva con altri due affittuari e relativi consorti) anche se a mia sorella non andava a genio la sua presenza.

Non che le andasse a genio qualcosa d'altro... Le rodeva sempre il culo e da prima della morte di mamma. La morte di mamma le aveva acuito il rodimento, diciamo.

Ci fu un'estate in cui Silvia era particolarmente nervosa e io e mia madre ci sorprendevamo a parlare  sottovoce pur di non svegliarla perché quando mia sorella si svegliava la pace finiva e iniziavano le sue urla per qualunque cosa. Un vestito che mamma non aveva lavato, un oggetto che non trovava, il fatto di essere in ritardo (perennemente).

Non era tanto il rumore che mi dava fastidio, e sì che mia sorella ha bei polmoni, era la pena di vederla sempre così rancorosa, incazzata, nervosa.
E la stessa pena che provo ancora oggi quando vedo un qualsiasi essere vivente soffrire, siano i Borg o Godzilla.

Ho passato tutta l'infanzia a temere che mamma potesse rimanerci secca (era cardiopatica) a causa delle arrabbiature che si prendeva per colpa mia, per non temere,  in automatico, anche da adulto, le arrabbiature di chiunque.

Quando una volta mia sorella sorprese Ulrico, che era entrato a casa nostra con il paio di chiavi che gli avevo dato (anche io avevo un paio di quelle di casa sua), praticamente  lo buttò fuori di casa.

L'avvocato che consultai credette di rassicurarmi dicendo che anche io avrei potuto avvalermi del diritto (disse proprio così) di buttare fuori di casa il fidanzato di mia sorella.

Bella consolazione!

Quando subisci una cattiveria la legge ti autorizza a essere tanto stronzo quanto lo sono stai con te.
Cornuto e stronzificato. Ma vi sembra possibile?

Mia sorella sapeva essere perfida come mia madre.

Una volta mi accusò di farmi mantenere dal suo fidanzato, che viveva con noi da qualche mese, perché lui e mia sorella facevano la spesa (in realtà avevano comperato i detersivi della lavatrice e quelli della casa perché per il resto facevamo spese separate ).

Lì mi toccò ricambiare la stronzaggine facendole notare che se la metteva così allora le bollette dovevamo pagarle in tre (per tacer dell'affitto...).

Mia sorella non era solo stronza. Aveva anche pensieri stupidi.

Come la volta che mi chiese notizie della mia amica  Crisilde che è sieropositiva. Io le risposi che stava bene (Crisilde ha perso la vista a causa dell'aids conclamato, ma è ancora viva e vispa grazie ai farmaci antiretrovirali).
Mia sorella allora commenta poverina. 
No guarda, Silvia, la rassicuro, ora Cris sta bene. 
Eh mi fa lei. Mica tanto, deve morire! detto con il paternalismo con cui spieghi a tuo figlio che non ci sono mostri sotto il letto.
Io scoppio a ridere e le rispondo Silvia tutte dobbiamo morire.
Eh, fa mia sorella, ma lei prima!
E tu che ne sai? Magari domani attraverso la strada e mi investe un tir...
(mi feci soggetto dell'ipotesi perché non volevo che pensasse che le stessi augurando di finire sotto un tir... lei era capace di questi pensieri).

Una volta, mamma era già morta da qualche anno, Silvia rientra in casa mentre ero a cena con alcuni miei amici. Lei saluta tutti e poi, piazzatasi davanti a me, dice, in loro presenza, con un tono di rimprovero  Ieri sono andata a trovare mamma.
Intendeva dire che era andata al cimitero.

Detto così poteva sembrare che mamma fosse una simpatica vecchietta che io non andavo mai a trovare.

Io in trent'anni dalla sua morte a trovarla al cimitero ci sarò andato quattro volte.

Alla cena erano presenti un paio di fidanzati di che potevano non essere al corrente che nostra madre era morta, per cui potevo davvero passare per il figlio ...snaturato.

Così, proseguendo nella scia dell'ambiguità del suo rimprovero maternalista, le risposi  Ah si? E come sta?

Mia sorella si pietrificò, poi sul suo viso comparve un succedersi di emozioni a cascata: incomprensione,  smarrimento, incredulità, sgomento. Che soddisfazione!
C'è sempre una conseguenza alle cose che si dicono, Silvia. Sempre.

Poi spiegai agli amici il perché della mia risposta.
E, soprattutto, che lo aveva fatto apposta a rimproverarmi di fronte a loro. La stronza.

Una volta durante una cena con alcuni suoi amici Silvia si imbarazzò talmente della mia frociaggine che approfittando di essere andati in cucina a prendere il resto della cena mi disse non avrai mica intenzione di dire a Lella di Ulrico. Lella era una lesbica dichiarata,  perché mai non glielo avrei dovuto dire.  E chissà come la prende, dice mia sorella. E come la deve prendere?!
Mentre lei insiste che devo rimanere muto ho la più potente, so far, epifania della mia vita.
Gli imbarazzi di mia sorella per la mia omosessualità non sono un problema mio.
Non devo modificare il mio modo di essere o di apparire semplicemente perché a lei dà fastidio.

Mia sorella è talmente ostile e imbecille da non meritarsi nessun riguardo. Tanto peggio per lei.
Fu una liberazione.
Finalmente mi sottraevo al disagio che nasceva da pregiudizi altrui e non da responsabilità mie.

Negli anni Silvia più che a relazionarsi con me ha imparato a fare i conti con la sua omofobia che io tollero con discrezione e a piccole dosi.

Ancora anni dopo, a una sua festa di compleanno, dall'alto della sua magnanimità, mi dice che per invitare me non aveva potuto invitare tre sue amiche di lavoro che non avrebbero capito. Non faccio in tempo a chiederle cosa non avrebbero capito che lei mi raccomanda di non parlare di gay con tutti i suoi amici che loro si annoiano, altrimenti.
Frocio sì, ma senza ostentare.

Allora faccio come Kevin Kline in In e Out, che si sottopone a un esercizio per rinverdire la sua maschia eterosessualità, e vado in giro tutta la sera a dire bella figa, belle tette e tutti e tutte capiscono  a cosa mi riferisco e si tagliano dalle risate mentre mia sorella vede che ridono alle mie battute e si insospettisce...

Anche al suo matrimonio, dopo averla accompagnata all'altare, lì mi aveva voluto,  mentre il prete decanta l'amore di cristo dicendo che cristo ama tutte le persone  io commento, a voce nemmeno troppo bassa,  me no  e Maurizio, Agostino e Gigi  diventano paonazzi mentre cercano di non ridere...

Poi la storia con Ulri finisce.
Lui ancora oggi sta con il ragazzo per il quale mi lasciò allora.

Sta bene anche lui, nonostante una certa condizione medica lo abbia raggiunto qualche anno dopo.

Son davvero cattivo come penso se mi felicito mi abbia lasciato, altrimenti in quella certa condizione medica oggi ci sarei anch'io?






   

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