La rivoluzione non russa
A 30 anni, ho avuto un flirt con un ragazzo etero, durato, con un grosso iato, tre anni.
Militavamo per la stessa organizzazione politica e il nostro primo incontro era avvenuto in sede.
Era sera, io stavo facendo gli ultimi controlli con Massimo e Fabio prima di chiudere la sede romana, quando dalla porta del nazionale fa capolino Maurizio, i capelli lunghi e ricci, la pelle olivastra, la barba lunga e incolta, due labbra turgide e strappabaci, il corpo adulto ma ancora dal sembiante adolescente.
Vestiva pantaloni all'indiana, indossava collanine di perline dai colori rasta, diversi braccialetti al polso. La classica zecca.
Ci guardiamo diritti negli occhi senza smettere di farlo, non ci diciamo nulla e non ce ne preoccupiamo. Ci guardiamo schietti, diretti e ci diciamo solamente ciao, ripetendolo almeno tre volte.
Chiusa la sede romana, salutato Maurizio (tanto ci rivediamo e lui sì) Massimo e Fabio mi informano che Maurizio è etero come se questo volesse dire chissà che.
Fu due weekend dopo, al campeggio internazionalista estivo, che io e Maurizio ci ritrovammo per puro caso nella stessa tenda e subito l'uno nelle braccia dell'altro.
Io ero venuto con un altro compagno col quale avrei dovuto montare la tenda. Dopo cena non avevamo per niente voglia di montarla. Eravamo seduti in uno dei tavolini della cucina, io accanto al ragazzo col quale avrei dovuto montare la tenda, Maurizio di fronte a noi, tra due ragazze abbronzatissime.
Io esprimo lo sconforto per la tenda da montare, una delle due ragazze accanto a Maurizio mi suggerisce di trovare una tenda dove dormire. Maurizio allora dice, vieni nella mia, la ragazza con cui la condividevo è partita stamattina, c'è posto.
Dopo essermi accertato che anche l'altro compagno trovi una sistemazione salutiamo e ci infiliamo nella sua tenda.
Appena entro Maurizio mi chiede se sto col ragazzo col quale avrei dovuto montare la tenda. Io gli rispondo un noooo lungo e meravigliato come mi avesse chiesto se sono il presidente della Repubblica. Ah bene, quindi non state insieme, e io già armeggio con la sua patta.
Maurizio aveva un biglietto aereo per il Brasile, per quel settembre. Era in tresca con la nipote di Jorge Amado e la stava raggiungendo con l'intenzione di trasformare la tresca in qualcosa di più serio.
Anche se il nostro flirt aveva già una data di scadenza questo non ci impedì di stare insieme ogni volta che potevamo.
Mi piaceva fare sesso con lui, un sesso calmo, tenero, senza alcuna velleità di performance, e quando veniva si concentrava sul suo piacere con discrezione, senza esternazioni da piccola morte, e senza smettere di rimanere in contatto con me, con lo sguardo, con il contatto delle mani, senza allontanarsi da me.
Quando partì venne a salutarmi a casa. Facemmo l'amore per l'ultima volta e poi prima di andarsene, mi baciò sulla soglia di casa, come nei film.
Poi di Maurizio non seppi più nulla per circa quindici mesi.
Io mi vedo con Giancarlo, il migliore amico del fidanzato del mio amico Paolo (non quello delle elementari, un altro).
Una storia complicata quella mia e di Giancarlo, un legame forte, profondo, vissuto però tra i sensi di colpa, suoi, per essere frocio, innamoramenti impossibili, sempre suoi, per il suo amico che stava col mio amico e non con lui, anche se, naturalmente, avevano scopato, e una generica pesantezza del vivere di cui non avevo proprio bisogno.
Però mi piaceva Giancarlo e solo Giancarlo e, beh, sapete com'è.
Una notte, subito dopo essere venuti, mi dice che non mi ama e che non è nemmeno attratto fisicamente da me.
Allora che cazzo ci stai a fare con me? gli chiedo.
L'indomani mattina (perché cavolo non l'ho buttato fuori dal mio letto quella notte?) svegliatosi con l'alzabandiera provò ad affidarmela ma io lo respingo con la determinazione con cui non l'ho cacciato dal mio letto la notta prima.
Giancarlo allora se ne va, permettendosi pure di fare l'incazzato...
Mi metto a scrivere delle recensioni che avevo in arretrato (sono sempre in arretrato con qualcosa da scrivere, sempre).
Verso le 14.00 di quella domenica silenziosa, solitaria e triste, suonano alla porta. Non al citofono, al pianerottolo.
Non aspetto nessuno. Spero che non sia Giancarlo perché so che ci scoperei, nonostante tutto.
Apro la porta. Maurizio.
E' appena tornato da Brasilia, ha ancora il jet lag e la prima persona che ha pensato di visitare, dopo i genitori e la sorella, sono io.
Mentre me lo guardo e lo faccio entrare, penso che la sua presenza riequilibri la giustizia nel mio universo e ringrazio mamma rivolgendo uno sguardo in alto, verso il cielo (una celia tra me e lei).
Ritrovarci, anche nel sesso, è questione di un attimo.
Da quella domenica la nostra frequentazione, fraterna e incestuosa, proseguì per un anno o poco meno.
Non ci vedevamo solo per scopare.
In sede ci incontravamo di rado perché lui lavorava per il nazionale e io per la sede di Roma. Ma uscivamo spesso per andare al cinema, a teatro, a cena, alle feste, a fare delle passeggiate.
Ci siamo anche visti diverse volte cercando di montare un concerto con lui al pianoforte, Maurizio è musicista, e io alla voce. Non siamo mai arrivati al debutto però ci piaceva ascoltarci l'un l'altro io il suo tocco al piano, lui la mia voce. Per lo più standard jazz e qualche puntata discreta al repertorio di Mina.
Scherzavamo sempre, anche mentre scopavamo.
Io adoravo la sua capacità di usare le parole della politica per fare battute, come quella volta che, dopo avere dormito insieme, mentre facevamo colazione, parafrasò la campagna abbonamenti de il manifesto e mi disse e per fortuna che la rivoluzione non russa.
Durante la nostra incestuosa frequentazione Maurizio si vedeva anche con una donna molto più grande di lui, e di me, io e Maurizio ci toglievamo 4-5 anni.
Non me lo aveva minimamente nascosto, anzi. Quel ménage mi divertiva molto, a lei un po' meno...
Ci capitava di incontrarci qualche volta, io e lei, ai concerti di Maurizio, e lei mi guardava reticente, interdetta, imbarazzata, come se temesse che io pensassi che lei si stesse approfittando di lui, data la differenza d'età, che a me metteva allegria: ho sempre visto con simpatia una coppia con lei molto più grande di lui. Lei mi ispirava simpatia: dopo tutto ci piaceva lo stesso ragazzo, no?
Certo pensavo anche che lei ritenesse che io mi stessi approfittando di lui visto che Maurizio non era gay e nemmeno bisex. D'altronde molte donne quando sanno che l'uomo con cui stanno va a letto anche coi maschi temono sempre di essere sacrificabili. Un effetto secondario e inevitabile del patriarcato: prima o poi un maschio che scopa con altri maschi capisce che le donne non fanno per lui.
Non abbiamo mai parlato di tutto questo io e lei. Me la sono immaginata io tutta questa catena di pensieri e giudizi. Forse era solo l'effetto di una competizione che non sapevo riconoscere, può anche darsi. Di una cosa sono sicuro, non sono mai stato geloso di lei.
Finché Maurizio veniva a letto con me, col sorriso e gli scherzi e la tenerezza con cui ci veniva, perché mai avrei dovuto strapparlo dalle sue braccia?
A Maurizio non piacevo perché ero un maschio.
Me lo disse una domenica mentre eravamo in cucina, io seduto sulla sedia, lui sulle mie gambe. Stavamo parlando di politica e Maurizio si interrompe e mi dice all'improvviso: no a me non piacciono gli uomini. A me piaci tu!
Ho sempre amato questa libertà dei ragazzi etero (dei ragazzi etero con cui sono stato) che non ti percepiscono come un appartenente al genere che prediligono ma come una persona dello stesso sesso che li coinvolge al punto tale che farci sesso diventa naturale.
Io e Maurizio non dovevamo dimostraci niente. Il sesso che facevamo non è mai stato strumento di potere come quello con Giancarlo che strofinava la sua erezione contro di me anche se non mi desiderava e non mi amava.
Io e Maurizio facevamo sesso senza competizione, per piacere, per confidenza, per stima.
E ci divertivamo. Era un sesso gioioso e col sorriso.
Una domenica dopo pranzo, mentre io mi ero già sdraiato ingordo sul letto, lui, prima di raggiungermi, aveva chiamato lei (non direi il nome nemmeno se me lo ricordassi) avvertendola che l'avrebbe raggiunta all'incirca tre ore dopo (dopo aver calcolato, in una breve pausa, il tempo per andare da lei e quello della nostra venuta, anche).
Mentre riaggancia con la stessa naturalezza con cui riagganci il telefono dopo che hai prenotato due poltrone a teatro, io commento: fammi capire. Adesso stai con me, poi vai da lei e ricominci da capo? Ma te regge la pompa?
E lui, trattenendo una risata e facendo finta di rifletterci, mi risponde, convinto, sì, ed è già in mutande.
Ecco, questa disinvoltura divertita l'ho incontrata raramente nei ragazzi gay che magari, dopo quella con te, già hanno in carnet altre tre scopate, ma si guardano bene dal dirtelo o perché temono che tu ci rimanga male (narcisi di merda) o che tu li prenda per delle zoccole.
In realtà sono loro i primi a giudicarsi mignotte e invece di confidarti i propri rimorsi preferiscono negare e nascondere, perché credono sia una strategia vincente.
Nessuna sincerità, nessuna amicizia, nessuna leggerezza, solo una continua competizione a chi è di più, manco importa più di cosa.
Che vite monotone.
Non mi ricordo né come né perché ma dopo circa un anno io e Maurizio smettemmo di ritrovarci nel mio letto.
Poi conobbi Daniele, e la mia vita cambiò.
E mamma? Mamma era già morta da qualche anno e io cominciavo appena a farmene una ragione.
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