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Perché ti dispiace? Mica è colpa tua!

I primi anni dopo che mamma era morta mi capitava spesso di dire che non c’era più.

Io avevo venticinque, ventisei, ventisette anni, un’età per la quale, a parlare di tua madre, non corri più il rischio di sembrare un mammone,  guadagni piuttosto  la dignità del  figlio che ha a cuore i propri  genitori.

Io li ho persi entrambi molto presto, papà a diciannove  e mamma a venticinque anni. Sì, sono disordinata.
Di papà non mi è mai capitato troppo di parlare, ma quando dicevo che mamma era morta  spesso mi sentivo rispondere mi dispiace.

Mi dispiace mi ha sempre offeso come  risposta  perché mi pare mossa più da un conformismo disimpegnante (How do you do? How do you do?) se non proprio dal tentativo di distanziarsi  (son felice non sia successo a me) da una cosa che provoca un imbarazzo che non si sa come gestire, piuttosto che dettata da un moto dell'animo autentico e sincero.

A ogni mi dispiace perdevo immancabilmente interesse nella conversazione che troncavo con un e perché? mica è colpa tua! che avevo preso in prestito da un film.
La risposta sorprendeva sempre chi se la sentiva dare, che annaspava nell'imbarazzo più totale, con mio grande divertimento, che mi guardavo bene dal manifestare.

Negli anni la battuta era rimasta, il film da cui l'avevo presa no. Dimenticato.

L'estate scorsa parlavo con un ragazzo che avevo rimorchiato su Grindr.

Sarà stata l'una del mattino.

Stavamo sul mio letto, dopo avere fatto l'amore.
Douglas era  seduto  di fronte a me a gambe incrociate, nudo.
Io, con indosso solo la maglietta, come nella canzone di Loredana, ero appoggiato alla spalliera.

Ci stavamo scambiando le nostre vicissitudini un po' come si fa con le figurine (ce l'ho, mi manca)
Lui, nell'entrar nel personale mi aveva detto delle  confidenze,  un po' a mezza bocca, chissà i mi dispiace che si era dovuto sorbire anche lui, ma quando gli avevo detto che avevo perso mia madre a 25 anni Douglas  non mi aveva detto alcun mi dispiace.
Mille punti.

Così, mentre continuavo a tenerglielo in mano, non per riaccendere il desiderio, ma perché per me non c'è cosa più spontanea da fare quando un ragazzo mi offre la sua nudità, gli raccontai del mi dispiace, della risposta e del film dimenticato.

Chissà se gli avrei parlato di mamma, mentre armeggiavo col suo cazzo, non fosse stata morta...

Insomma  sono lì, con gli occhi che luccicano perché Douglas si sta rivelando un ragazzo bello non solamente nell'aspetto fisico, il suo cazzo tra le mie mani giocherellone, e gli sto dicendo che non mi ricordo più qual è il film dove ho sentito la battuta. Lui allora armeggia col cellulare e trova il titolo in due secondi.

Per leggermi i risultati si stende al mio fianco e me li legge nell'orecchio, io allora mi sposto di modo da avere la sua testa sul petto.

Lui lascia il cellulare e riprende a baciarmi come aveva già fatto, prima.

Ero a Milano, per il festival Mix.

Quella notte di sesso e parole con lui è stato uno dei momenti più belli di quel viaggio.

Non avrei mai pensato a cercare il film su google come ha fatto lui.

Gliene sono grato perché con la sua curiosità ha ridato nome a un ricordo sbiadito che avevo lasciato scolorire solo per pigrizia.

Ci sentiamo ancora di tanto in tanto, su Instagram.

Il film è Good Will Hunting (Usa, 1997) di Gus Van Sant.







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